Guerra e pensieri ibridi
Al grande convegno internazionale con cui il nuovo comandante polacco del Nato defense college Januzs Bojarski ha segnato il suo arrivo sulla scena romana, si è affrontato un tema decisamente in voga come quello della guerra ibrida. I filoni di pensiero che hanno attraversato il convegno sono stati: comunicazione, intelligence, estensione della guerra ibrida, le prossime guerre e il ritorno della deterrenza nucleare.
Come già capirono gli italiani nel 1860 (le camicie rosse hanno di gran lunga anticipato, e con più successo, gli omini verdi), la comunicazione in un’operazione ibrida è essenziale in termini anche di accesso al pubblico dell’avversario. Prima e dietro di essa vi è un’intelligence capace di leggere tempestivamente le intenzioni dell’avversario, cosa che spesso non si è in grado di fare perché vi è una carente comprensione della controparte (quanti “esperti” di Russia parlano e viaggiano nel Paese?).
Uno dei rischi emersi nel dibattito è quello di usare il concetto di ibrido come contenitore di ogni crisi, tanto quella ucraina quanto per l’espansione di Dawla (il Califfato). Nel secondo caso infatti è più appropriato parlare di guerra asimmetrica.
Eppure, al di là di una corretta comprensione clausewitziana del fenomeno, ci sono stati diversi oratori che hanno evocato un sentimento di ritorno della Guerra Fredda e alcuni, pochi, che si sono detti certi di una prossima guerra putiniana, magari limitata contro i baltici.
Associata a quest’idea, è comparsa l’esigenza di ripensare la deterrenza nucleare, ingiustamente trascurata negli scorsi decenni. Qui emergono due orientamenti: il primo strettamente Nato che considera utile una cauta riflessione a 28 sulla deterrenza soprattutto dopo alcune inaccettabili minacce proferite dall’ambasciatore russo in Danimarca e collegate al nuclear targeting navale, il secondo che vuole ripensare l’escalation dominance nei confronti di Russia e Cina e, magari solo a livello di riflessione analitica, anche verso Pakistan e Corea del Nord nella ricerca di una deterrenza del XXI secolo.
Qualcuno, forse più lungimirante, ha anche adombrato la possibilità che la Russia stia declinando e che possa fallire, per chi è nel Caucaso la conseguenza è chiara, le bandiere nere dell’emirato faranno la loro funesta fioritura.