Quanto ci costa la cyber(in)security?
Secondo il Norton cybersecurity insights report 2016, l’insicurezza cyber costa in media, per ogni attacco informatico subito a livello globale, circa 358 dollari a persona, cifra che si deve rapportare alle 594 milioni di vittime di cyber-crime nel solo 2015. Il totale è pressoché drammatico. Ancor di più drammatica è la situazione italiana che si assesta a circa 2,4 miliardi di euro per il 2015.
Un rischio reale per il nostro Paese a tal punto che, come si legge nel Report, “nell’ultimo anno quasi un italiano su due ha vissuto episodi di cyber-crime. Il 45% contro il 40% della media europea e il 46% nel mondo”.
In Italia a essere esposti di più al rischio sono gli appartenenti alla “generazione Y” ovvero i nativi digitali, i quali hanno più probabilità di essere colpiti, data la loro inesperienza e soprattutto mancanza di educazione digitale. Sembra dunque essere più un problema di cultura dell’utente che abilità tecnologica dell’attaccante.
Proprio sulla cultura cyber si interroga il Department of Defence degli Stati Uniti il quale, a detta di Terry Halvorsen (Department chief information officer) invece di stanziare finanziamenti a pioggia sul versante tecnologico dovrebbe anche prevedere un’efficace culture of cyber-discipline. Tra le righe della dichiarazione estemporanea di Halvorsen si può intravedere il vero nocciolo duro della questione cyber-security.
Infatti, delle buone difese informatiche includono una combinazione di tre strumenti fondamentali: cultura, formazione e istruzione.
È dunque necessario da un lato, “educare” i decisori (sia responsabili governativi sia manager aziendali), ma, allo stesso tempo, è fondamentale avviare programmi di formazione e di istruzione per “indottrinare” proprio i nativi digitali a utilizzare lo strumento informatico con maggiore consapevolezza del rischio, casomai con un occhio di riguardo anche alla sicurezza nazionale.