Cybernetics

Di Michele Pierri

Usa, nuovo capitolo della saga Fbi-Apple

Il braccio di ferro sull’uso della crittografia, che vede contrapposti autorità da un lato e difensori della privacy e giganti del tech dall’altro, prosegue senza sosta e si amplia di un nuovo, importante capitolo. L’Fbi non sarà, infatti, costretta a rivelare i dettagli dello “sblocco” dell’iPhone di Syed Rizwan Farook, uno dei responsabili della strage di San Bernardino (California) nella quale, nel 2015, persero la vita 14 persone. A stabilirlo è stato un giudice federale, Tanya Chutkan, che ha respinto così l’istanza avanzata da alcuni media d’oltreoceano. La richiesta era stata presentata da Vice News, Gannett (Usa Today) e Associated Press sotto il Freedom of information act (Foia), un istituto giuridico che sancisce il diritto dei cittadini di avere accesso a dati e documenti detenuti dalla Pubblica amministrazione. Nello specifico, le testate chiedevano di sapere quale azienda avesse material- mente forzato l’accesso ai contenuti dello smartphone (si è più volte fatto il nome, tra gli addetti ai lavori, dell’israeliana Cellebrite), con quale strumento e a quale costo. Per avere accesso a questi dati, i media hanno anche obiettato che rivelare i det- tagli dell’operazione non sarebbe stato un gran danno, perché alcuni di questi sarebbero già stati resi noti dalla senatrice Dianne Feinstein (forse inavvertitamente) e dall’allora direttore dell’Fbi James Comey. Entrambi avevano fissato il prezzo del- lo strumento a circa un milione di dollari. Tuttavia, il magistrato è stato categorico: dal suo punto di vista, divulgare ufficialmente questo tipo di informazioni, considerate strategiche per la difesa della sicurezza nazionale, potrebbe esporre il fornitore del servizio a pericolosi cyber-attacchi. La sentenza, come prevedibile, non è passata inosservata, soprattutto perché è giunta dopo un dibattito che ha portato a mesi di ostilità tra Apple e il governo degli Stati Uniti. Il dipartimento di Giustizia avviò a suo tempo un’azione legale contro il colosso di Cupertino, che si era rifiutato di rendere accessibile il contenuto del telefono dell’autore dell’attentato, sostenendo che la crittografia del dispositivo non poteva essere “sconfitta” nemmeno dall’azienda stessa. Il Bureau chiese anche alla compagnia di creare un sistema con cui bypassare la protezione degli iPhone (una backdoor), ma la società si rifiutò dicendo di essere determinata a difendere la privacy e la sicurezza degli utenti. Successivamente, l’Fbi utilizzò un hacking tool – i cui dettagli l’agenzia vuole ora mantenere segreti – che ha permesso agli agenti federali di accedere ai contenuti dello smartphone.