L’Nsa non si fa processare in piazza
Nell’ultimo numero di Joint Forces Quarterly edito dalla National Defence University un articolo (“Information-sharing with the private sector”) segnala una serie di orientamenti all’interno della comunità di intelligence Usa e tra questa e le imprese private. Il dato centrale è la raccomandazione che gli Usa “resistano alla spinta a trasferire la responsabilità primaria della sicurezza cibernetica nazionale alla Nsa”. Infatti, pur riconoscendo il ruolo di leadership dell’Nsa nell’ambito del ciclo di informazioni della difesa (che fanno cioè capo al Pentagono), gli autori sottolineano come un trasferimento di questo tipo comporterebbe la gestione da parte dell’Nsa anche delle minacce alle infrastrutture critiche e alle strutture governative federali. Il tutto renderebbe più complesso se non “impossibile” quel lavoro di collaborazione organica pubblico-privato che è richiesta dall’attuale congiuntura operativa. La preoccupazione anti-terroristica delle prime norme sul cyberspazio (a partire dalla direttiva del 2003) ha creato una barriera tra pubblico e privato, con gli effetti negativi di immagine e commerciali che tutto ciò può creare in alcune aree del mondo per le imprese. Oggi che il dato competitivo economico riemerge come fonte di vantaggio strategico, la leadership nella cybersecurity frutta al meglio se lasciata nelle mani di un’organizzazione meno tendente alla segretazione dei propri atti. E dunque, questo il consiglio degli autori, si confermi il ruolo-guida dell’agenzia, indicata già nel 2003 come apicale e confermata dalla cyberdirettiva del 2013, ovvero il Department of homeland security. Se ne traggono alcune interessanti conclusioni, la prima delle quali è che gli Usa stanno disintossicando il dibattito scoppiato nel dopo-Datagate. All’inizio non sono stati molto aiutati da- gli alleati europei, ma il fatto che a guidare nelle ultime settimane il partito degli “scontenti” siano i pragmatici tedeschi piuttosto che un nobile ma desueto gollismo o un certo radicalismo di marca britannica (per l’occasione alleato – o strumento inconsapevole? – dell’accorta infowar russa) è un buon segno dal punto di vista delle condizioni esterne per operare una necessaria riforma. Infine, la dinamica interna del confronto fra 17 agenzie deputate alla gestione di informazioni critiche per la sicurezza nazionale un primo, parziale frutto lo ha dato: il ridimensionamento, sotto la spinta di potenti (e legittimi) interessi economici, della Nsa, che si presenta però come de-potenziamento per linee interne e non come chiassoso “processo in piazza” a chi ha fatto e continuerà a fare il proprio dovere per lo Stato.