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La torta di Nonna Papera

“George! George!”, esclamò l’allievo navigatore inglese con voce strozzata, gesti decisi e sguardo perplesso. Attraversando un villaggio in territorio nemico bisogna evitare di farsi catturare. Gli abitanti potrebbero uscire di casa con il fucile o allertare le forze di sicurezza: prospettive poco rosee per l’equipaggio abbattuto che cerca di riguadagnare le proprie linee o almeno il punto convenuto per un recupero già rischioso. Altrettanto vale durante un corso di sopravvivenza, evasione e fuga nelle Highlands scozzesi, dove i componenti del Reale reggimento dei fucilieri RAF avrebbero catturato volentieri un imprudente allievo italiano, riportandolo subito al punto di partenza, a 20 miglia da quel quieto villaggio. “This way, George …”. Ma da quell’orecchio il tenente Giorgio Baldacci non ci sentiva. O meglio: ci sentiva benissimo. Solo che l’udito era in secondo piano rispetto all’olfatto, e questo aveva fiutato un profumo irresistibile, anche in condizioni normali. Figuriamoci dopo tre giorni di digiuno forzato, in dicembre, nascondendosi di giorno, spostandosi di notte, in tuta di volo, dormendo all’addiaccio, senza mai accendere un fuoco per non segnalare la propria presenza ai fucilieri che interpretavano con zelo il ruolo degli inseguitori. Dopo giorni di questa vita, affamati, infreddoliti, bagnati, ormai prossimi a riguadagnare il campo base e concludere l’esercitazione, di fronte all’alternativa tra scavalcare un monte o attraversare il villaggio, i tre aviatori avevano scelto la seconda strada. Proprio quella che li aveva portati a imbattersi nell’inconfondibile profumo di torta di mele appena sfornata. “La torta di Nonna papera!”, pensò Baldacci, seguendo la traccia come un cane da tartufo fino al davanzale sul quale una sconosciuta massaia inglese l’aveva messa a raffreddare. Bastò un attimo. Senza neppure togliersi i guanti di volo (molto meno bianchi che all’inizio dell’esercitazione!), affondò le mani nella torta, ne afferrò un pezzo più grande possibile e tornò di corsa verso i colleghi. “What are you doing, George …?”. Sibilò il collega inglese. Ma la torta non c’era più: Giorgio l’aveva divorata senza tante cerimonie, ed era già pronto a riprendere la pericolosa strada della fuga, sempre più convinto che “in sopravvivenza tutto è permesso”!

Torta di mele tradizionale inglese
Per la pasta: 350 gr di farina, 150 gr di burro, 1 cucchiaio di zucchero extra-fino, 1 pizzico di sale, acqua fredda q.b.
Per il ripieno: 700 gr di mele adatte alla cottura, 75 gr di uva sultanina, 75 gr di zucchero di canna, 1 cucchiaio di farina, succo di mezzo limone, un pizzico di cannella e noce moscata in polvere, buccia grattugiata di un limone e un’arancia.
Preparazione: Sbucciare e tagliare le mele a fette non troppo sottili, aggiungere tutti gli ingredienti del ripieno e mescolare bene. Lavorare il burro in una terrina con farina e sale fino a ottenere un composto sabbioso; aggiungere lo zucchero e acqua sino a ottenere una pasta liscia. Stendere due terzi dell’impasto e adagiarlo in una tortiera dai bordi svasati. Riempire con le mele e coprire con la restante pasta. Praticare nella copertura dei tagli per far uscire il vapore di cottura. Cuocere a 200° per circa 10 minuti, poi abbassare a 190° e cuocere per altri 20-25 minuti. Servire tiepida cospargendo la superficie di zucchero.