Quando l’aragosta imparò a volare
«E chi non beve con noi… peste lo colga!». Il brindisi era il terzo, il quarto, o forse il quinto della serata, ma nessuno teneva il conto. Le bevande leggere – una definizione che comprendeva anche il vino – le offriva la compagnia, probabilmente perché consapevole della necessità di rendere meno gravosa la sosta all’isola del Sale. Per gli equipaggi che traversavano l’Atlantico meridionale con i vecchi aerei a pistoni, Siai Marchetti SM.95 o Douglas DC-6 che fossero, l’arcipelago di Capo Verde era una tappa obbligata per motivi di autonomia e di durata. Obbligata, ma non comoda. Oltre all’aeroporto, costruito dagli italiani nel 1939-1940, c’era ben poco. L’hotel Atlantico, dove il personale in transito alloggiava per 7-8 giorni in attesa del volo successivo, era una via di mezzo tra una caserma a gestione familiare e una pensione spartana, con due tavoli ai quali mangiavano l’equipaggio diretto in America Latina e quello che tornava verso l’Italia: una ventina di persone in tutto, perlopiù piloti e tecnici. Tra i pochi passatempi c’erano le bocce e la pesca. Quest’ultima da effettuare con qualche cautela, perché le correnti erano forti e si rischiava di essere trascinati al largo. Chi ci sapeva fare, in compenso, poteva cogliere successi strepitosi. Come Piero Crivelli, del quale rimase leggendaria la cattura di oltre quaranta aragoste in una sola battuta nell’agosto 1951. Le aragoste, rigorosamente vive, furono deposte sui gradini dell’hotel, ai piedi della hostess Dina Uberti Bona, fotografate e poi affidate alle cure del cuoco portoghese per arricchire la mensa. Quando il successo superava l’appetito, o qualcuno dell’equipaggio voleva condividerlo con la famiglia, le aragoste trovavano posto negli angoli più nascosti dell’alloggiamento del carrello anteriore. Il loro primo e ultimo volo si concludeva a Ciampino, dove incominciava lo slalom tra equipaggio, finanzieri e tecnici di terra per portarle fuori dall’aeroporto e fino a casa. La magia del Sale finì con l’avvento dei jet in grado di traversare l’oceano in un balzo solo. All’epoca del DC-10, il Sale era ormai solo un alternato per le emergenze, e le sue aragoste una leggenda tramandata dai più anziani.
Aragosta bollita
Ingredienti (4 persone): 2 aragoste da 500 g, 3 cucchiai di olio evo, succo di limone, sale
Preparazione: immergere le aragoste vive nell’acqua bollente salata e lasciarle cuocere per circa 12 minuti, poi lasciarle raffreddare nella loro acqua. Scolare. Staccare la testa ruotandola. Aprire il carapace sul ventre, estrarre la polpa dalla coda ed eliminare intestini e budello terroso. Unire olio, succo di limone e sale. Tagliare la polpa a fette e condirla. Far riposare in luogo fresco prima di servire.