Il vino del generale
“Se siete sicuro di trovarli così di buona razza prendeteli pure altrimenti potremmo rivolgerci a Sgaravatti che però li fa pagare un po’ cari”, scriveva Giulio Douhet nel 1928 al suo fattore Celso Fava discutendo del prezzo degli asparagi. La tenuta di Monte Coriolano a Potenza Picena, nel maceratese, fu il luogo del cuore di Giulio Douhet e Teresa “Gina” Casalis. Qui la coppia volle sposarsi nel 1905. Qui Douhet pensò di ritirarsi nell’estate 1917 dopo l’anno di carcere inflittogli per il memoriale anticadorniano inviato a Bissolati. Qui fino a 1930 spese le ultime energie creative, sfogando nell’agricoltura le capacità cui gli ambienti politici e militari erano ostili. Nel 1926 il generale Douhet avviò un’imponente ristrutturazione della tenuta, che passò a 15 ettari, dei quali sette con 25mila viti su piede americano, più altre 10mila viti nelle zone circostanti, tutte su filari spaziati per meccanizzare le attività. Vi introdusse i Merlot e Cabarnet Sauvignon, vitigni quasi sconosciuti nelle Marche. Costruì una nuova grande cantina su tre corsie con botti e tini in rovere di Slavonia per una capacità di oltre 10mila ettolitri, più quattro cisterne di riserva per altri mille. E ancora, un granaio per far appassire l’uva, una motopompa per irrigare orti e giardinetti, alloggi per il personale che d’estate sfiorava le 50 persone. All’entrata della cantina Douhet affisse regole di comportamento di stampo militare, che in più di un punto richiamavano il “Libretto rosso” sull’attacco frontale distribuito nel 1915 proprio da Cadorna. Il lavoro, scriveva, doveva svolgersi “con ordine ma allegramente, senza confusione, senza gridare, senza bestemmiare”, e soprattutto senza orario fisso, con due controlli al giorno anche nei giorni festivi. La “buona manutenzione” doveva essere “ambizione” e “orgoglio” del fattore, che doveva dargli “tutta la sua opera volenterosa, interessarsene, cercare di farla valere, evitare ogni chiacchiera e ogni pettegolezzo”. I concetti ricorrenti erano ordine, pulizia e manutenzione continua. La cantina Douhet-Casalis divenne una delle più note delle Marche. Tra le innovazioni tecnologiche mancava solo l’uso degli aerei per i trattamenti antiparassitari, che stava allora debuttando negli Stati Uniti. Un caso di miopia del grande teorico, che in quegli stessi anni immaginava guerre in cui gli aerei avrebbero attaccato le città con i gas?
GIULIO DOUHET ROSSO PICENO DOP, ANNATA 2010
La tenuta cara a Giulio Douhet e Gina Casalis è ancora in produzione. Tra i vini prodotti e imbottigliati dall’attuale Azienda Monte Coriolano vi è il Rosso Piceno Dop intitolato proprio a Giulio Douhet. I vitigni che lo compongono e gli confe- riscono piacevolezza e com- plessità sono il Sangiovese, produttivo, di elevata acidità e tannino e il Montepulciano, potente, elegante e di grande forza alcolica. Presso il punto vendita di Porto Potenza Picena l’annata 2013 si vende a 6,50 euro.
COLORE: rosso porpora profondo
BOUQUET: ampio ed etereo, con note speziate e pungenti
CORPO: di buona struttura, avvolgente e caldo, di gradevole dominanza acida, poco tannico, equilibrato nel complesso
Ottimo con piatti della cucina marchigiana: tagliatelle al sugo di lepre, maccheroncini di Campofilone al ragù, vincisgrassi, piccione ripieno, pecorino dei monti Sibillini, pecorino di Monte Rinaldo, ciaùscolo, salame di Fabriano. Servire a 16 – 18 °C
Consulenza enologica di Eugenia Castellucci