Un consiglio nazionale strategico
La stagione dei mille giorni si è bruscamente chiusa, ma non quella delle mille proroghe. E questo, lo sappiamo tutti, è il vero disastro nazionale strutturale: non c’è una decisione, ma uno stillicidio del rinviare, soprassedere, temporeggiare nel e verso il nulla progettuale e fattuale. Questo governo ha l’opportunità di poter fare diverse cose senza la pressione mediatica autoindotta da un mulinare mediatico di promesse e aspettative. Per esempio, creare un precedente importante nella vita pubblica del Paese, cioè introdurre un elemento di discussione, chiarimento e preparazione alla decisione ad alto livello, prima del Consiglio dei ministri, dove tradizionalmente avviene l’arbitraggio delle vacche tra i vari gruppi di pressione, proiettati nei rispettivi provvedimenti e ministri. Si è parlato abbastanza spesso, nel passato dibattito strategico di questo Paese, dell’istituzione di un Consiglio nazionale per la sicurezza, senza che però si andasse oltre le formule, molto meno impegnative e responsabilizzanti, della cabina di regia (peraltro semplicemente una stanza di compensazione ristretta).
Questa volta è possibile, anche per l’esperienza diretta del presidente del Consiglio in altri contesti, fare un passo avanti che renda più efficace il ciclo decisionale italiano rispetto ad agguerritissimi competitori europei e internazionali: creare un Consiglio nazionale strategico. L’esperienza del National security council ha rappresentato per decenni un modello, ma che è superato da troppi aspetti della gestione politica, sociale ed economica, i quali hanno già una valenza cruciale per un Paese senza bisogno di un’etichetta di sicurezza che conferisca loro importanza. Un Consiglio nazionale strategico sarebbe un organo consultivo a disposizione del presidente del Consiglio dei ministri e del Consiglio dei ministri in sede deliberante, con una missione molto chiara: sgomberare il campo della decisione politica dai fattoidi e dalle antiverità (simpliciter bugie). Questo significa restituire alla decisione politica l’interezza del suo potere e responsabilità, in quanto liberata da valutazioni semplicemente infondate. Qualcuno potrebbe far notare che Oltreoceano vi è la tendenza a squalificare ancor di più il peso della competenza nella politica. Tuttavia le repliche alla provocazione sono limpide: in primo luogo vediamo cosa succede dopo la transizione, quando Trump dovrà rispondere a crisi concrete con qualcosa di più che una dichiarazione, e in secondo luogo l’Italia può tranquillamente dotarsi di uno strumento innovativo senza aspettare suggestioni estere. Più un Paese è limitato nei mezzi, meno può assorbire i colpi dell’incompetenza, che sono i veri costi della mala politica.