Il Barone Rosso

Di Eric Idle

In guardia! Il russo t’influenza

È bello vedere come non solo i media, ma anche gallonatissimi esperti parlino della minaccia dell’influenza russa. Capisco che la nuova crisi tra Russia e occidente che si snoda silenziosa e operosa dietro la cortina di tweet, immagini, clip e comunicati stampa, sia uno sciottino di Gerovital per tanti vecchietti della Guerra fredda e non poche giovani marmotte nazionalpatriottiche a caccia di comunisti, ma su questo tema non solo la vulgata, ma anche l’ufficialità è rimasta all’altro secolo, forse in attesa della famosa, fascinosa e letale bionda spia sovietica. Alzi la mano chi davvero è stato avvicinato dalla Tatiana di turno: pochi, pochissimi fortunati invero. Quando si parla d’influenza russa si è ancora fermi alla rassegna dei vari organi d’intelligence, rigorosamente statali, e dei loro servizi più o meno collegati, slavofoni anche questi. Chi ha lo sguardo più lungo pensa anche a servizi caucasici o centrasiatici. I più sofisticati in Europa cominciano a pensare ai servizi cinesi e all’onnipresente Gazprom, mentre quelli all’avanguardia inquadrano pezzi da novanta come Nikolai Patrushev. Nikolai Platonovich è un altro keghebeshnik passato con successo alla po- litica come segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale russa e viene dal Direttorato per la sicurezza economica dell’Fsb. Siamo sulla buona strada, ma ci perdia- mo sul corto finale: ancora un uomo dello Stato, mentre invece bisogna uscire dalla comfort-zone dei vecchi schemi. L’influenza russa non ha più bisogno sempre di spie, assassini, vendite d’armi e colpi di Stato, ma va cercata sistematica- mente nella confluenza tra finanza nera o grigia, corruzione, mafie e democradure o dictablande occidentali o filo-occidentali. Casi come il riciclaggio intercontinentale Laudromat (dove fior di banche occidentali o russofobi hanno felicemente preso parte), l’arrivo di consistenti capitali lega- li o paralegali russi, l’azione delle campa- gne mediatiche di media professionali, la gestione in scioltezza della hacker-sfera, il sostegno discreto ma fedele a regimi a “democrazia guidata”, la cui stabilità è gradita a Paesi occidentali, e la manipolazione di campagne elettorali sono i veri campanelli d’allarme di una lotta senza esclusione di colpi. Meglio fare attenzione all’impeccabile lobbista alla luce del sole, al think tank dolcemente foraggiato, all’ex politico ingaggiato in una bella posizione aziendale, che dare la caccia ai vecchi fantasmi. Un tempo li chiamavano agenti d’influenza ed erano rari, oggi fanno parte del nor- male paesaggio di gruppi d’interesse, pro- cacciatori di fondi elettorali, faccendieri; ma sono la vera minaccia per democrazie sempre più erose dal tarlo dell’autoritarismo buffone, manipolatore, ladro e in- competente. La mitica soglia di Suwalki non è tra la Bielorussia e la triste enclave di Kaliningrad, ma è nelle rispettabili ca- pitali della Nato ed è lì che servono le sentinelle.