Il barone rosso

Di Alessandro Politi

Kobane chiama Stalingrado
Giulio Douhet era un visionario, così come lo era Amedeo Mecozzi da un angolo differente, ma i loro epigoni hanno spesso scambiato un’audace visione per un wishful thinking. Appena dimostrata la potenza del potere aereo su Guernica e Coventry, Hermann Göring commise il primo grande errore di sopravvalutazione fallendo nel frustrare con le forze aeree l’operazione britannica di evacuazione navale “Dynamo”. Lo stesso sbaglio fu commesso tentando di rifornire esclusivamente per via aerea la VI armata di Friedrich Paulus accerchiata a Stalingrado. Sappiamo come è andata a finire. Abbiamo scoperto come i bombardamenti strategici contro la Germania siano stati inutili, in violazione alle leggi di guerra e precedente per ulteriori violazioni dei diritti umani. La guerra di Corea sembrò finalmente confermare la forza indipendente del potere aereo con la difesa del perimetro di Pusan, ma la disfatta di Dien Bien Phu nella guerra d’Indocina e la sopravvivenza della pista di Ho Chi Minh in quella del Viet-Nam s’incaricarono di sottolineare gli ovvi limiti del potere aereo. Meno male che oggi i generali delle aeronautiche impegnate nei cieli della sventurata città Kobane-Ayn el Arab, in primis gli statunitensi, ricordano che i bombardamenti aerei non sono una bacchetta magica. Il problema è che 13 nuclei operativi dell’Is circondano quasi la città, sviluppando tre assi di penetrazione. Il più pericoloso è quello che parte da est e mira a tagliare il centro della città dal vitale valico di frontiera con la Turchia per l’afflusso di rifornimenti. I dati numerici disponibili da fonte aperta dicono che si è passati da 3,2 a 6,3 incursioni al giorno, mentre i dati aggregati di Centcom fanno vedere che solo il 5,2% dei bersagli tattici colpiti sono gruppi di fanti contro il 62% di bersagli costituiti da veicoli armati in un mese d’attività aerea su tutto il teatro Siria-Iraq. Strano che non vengano usate bombe a grappolo per tagliare l’afflusso di combattenti nemici. Qualcuno ha fatto notare che gli elicotteri Apache sarebbero più precisi, ma anche qui è una questione di numero di sortite e di Manpads; i combattenti dell’Is dispongono di un simil-Stinger cinese (Fn6, Fei nu, balestra volante). Le Tv fanno vedere che i turchi hanno allineato 15 carri armati M60-A3, di grande scena e relativa scarsa utilità. Quello che aiuterebbe di più è uno schieramento di obici semoventi (M-109 e/o T-155 Fırtına, tempesta) per creare uno sbarramento ben diretto e prolungato sui quartieri occupati dai combattenti jihadisti, magari con il supporto di mortai pesanti. È uno strumento più persistente e preciso che aumenterebbe l’efficacia degli aerei senza metterci dentro i fanti. Il problema politico è ben più spinoso: non aiutare Kobane e perdere il consenso curdo in patria per chiudere il lungo conflitto civile oppure mettere il dito nel tritacarne siriano? Quando si vuole fare ammuina prima si mandano le navi, poi i droni, poi gli aerei e solo quando si deve proprio davvero fare sul serio allora si va in prima linea.