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Missione Luna: si riparte
Da tempo la Russia, dopo aver perso la corsa con gli americani negli anni 60, ha rivolto la propria attenzione a un ritorno sulla Luna, questa volta con la propria leadership. Sfruttando il rinnovato interesse scientifico e la volontà dei suoi governanti di ricostruire, se non una supremazia, almeno una “forte presenza” nello spazio, già da tre anni il Paese si muove a tutto campo alla riconquista del nostro satellite. Già nel 2012 aveva proposto un accordo a Stati Uniti, Europa e Cina ma con scarsi risultati. I cinesi avevano declinato l’invito perché autosufficienti: infatti hanno un loro programma ad hoc che ha prodotto un piccolo Rover già allunato mentre un satellite ha circumnavigato la Luna. Gli americani, per evidenti ragioni politiche, si sono mostrati piuttosto freddi. Non miglior fortuna ha avuto il tentativo autarchico quando nel gennaio 2013 fu annunciata per il 2015 la partenza della missione automatizzata Luna-Glob, primo passo del piano in quattro fasi di allunaggio con astronauti. La missione doveva inaugurare la nuova base di Vostchny nella Siberia orientale ma problemi economici e casi di corruzione ne hanno ritardato l’esecuzione a fine anno se non al 2016. Ecco che finalmente Esa e Roscosmos si sono accordati per nuove missioni con l’obiettivo di realizzare una stazione permanente sulla Luna. Il programma prevede una prima missione, Luna 27, che farà sbarcare una sonda automatica al Polo Sud lunare, nel bacino di Aitken che è sempre in ombra, perché in questo sito sono stati scoperti depositi di ghiaccio, probabilmente ghiaccio-acqua. Nel vertice ministeriale europeo del 2016 si deciderà se approvare la partecipazione europea alla missione. Il tema è particolarmente rilevante proprio per la presenza dell’acqua che, se confermata, avrà una duplice valenza: da una parte il suo sfruttamento da parte degli astronauti che dovrebbero andare ad abitare la base lunare, dall’altro recuperare importanti informazioni sull’origine della vita nel sistema solare. L’Esa dovrebbe fornire un “trapano” in grado di penetrare fino ad almeno 2 metri sotto il suolo lunare ed è anche prevista la strumentazione di analisi dei materiali che ha già volato con successo sul Lander Philae della missione Rosetta. Particolare attenzione sarà anche posta a realizzare strumenti che possano potenzialmente permettere lo sfruttamento del materiale recuperato per creare acqua, ossigeno ed eventuale carburante.
La sfida è estremamente interessante: si spera che la risposta europea sia positiva nella tradizione dell’interesse sempre mostrato verso le missioni planetarie di particolare rilevanza tecnico-scientifica.