, Columnist

Rosetta ultimo atto?
Una pallina da 1 grammo che rimbalza per tre volte sulla superfice di un masso di molte tonnellate lungo oltre 4 km: è così che il lander Philae è arrivato sulla cometa 67P/ Churymov-Gerasimienko, dopo un viaggio di 10 anni, il 12 Novembre. Gli arpioni di ancoraggio non hanno funzionato e Philae, ruotando, si è spostata di 1 km fermandosi sul bordo di una depressione di fronte a una parete verticale scoscesa, con una zampa nel vuoto. Nonostante tutto però gli strumenti hanno cominciato a funzionare: la camera di discesa ha mostrato un suolo lunare ricoperto di polvere e rocce di varie dimensioni, dal millimetro a qualche metro. Ancora lontana oltre 500 milioni di km dal Sole, la cometa non è molto attiva e ha permesso di effettuare tutte le misure previste inclusa la perforazione della superfice per un carotaggio di alcuni centimetri di profondità. La scarsa illuminazione dei pannelli solari, in parte oscurati dalla parete di roccia sovrastante, non ha permesso al lander di funzionare a lungo, ma alcuni dati sono oggi disponibili e sono di fondamentale interesse scientifico. I risultati sono comunque stupefacenti: la regione dell’atterraggio è caratterizzata da uno strato tra i 10 e i 20 cm di polvere che ricopre un blocco di ghiaccio intorno ai 170 gradi sotto zero. Il risultato più eclatante è stata la scoperta della presenza di possibili molecole organiche rilevate dallo strumento Cosac, anche se ancora non è stato possibile definire con precisione la loro natura. Questa osservazione diventerà straordinaria se sarà possibile individuare molecole organiche complesse. Infatti, quando una cometa attraversa nel suo cammino una nebulosa può aver “catturato” le molecole che la compongono e che restano attaccate alla superficie a causa della sua temperatura. I dati di Rosetta e Philae permetteranno forse di fare luce sul quesito se siano state le comete a portare la vita sulla Terra entrando nel sistema solare e quali siano state le “molecole primordiali” inizio di tutto. Le basse temperature del nucleo favoriscono il congelamento di gas sulla superfice che sono poi iniettati nello spazio quando, avvicinandosi al Sole, il nucleo si riscalda generando una chioma brillante e le due code di gas e di polvere. Il problema è: molecole complesse sono formate e presenti nella nube di Oort, culla di questi corpi celesti? Oppure la cometa opera da catalizzatore favorendo reazioni chimiche di atomi e molecole sulla sua superficie per poi “fecondare” lo spazio una volta giunta vicina al Sole? La questione è aperta e ancora non si è in grado di rispondere. Oggi Philae è in stand-by e si dovrebbe riaccendere tra qualche mese quando 67P sarà a una distanza molto minore di quella attuale. Ci speriamo tutti; se sarà così gli strumenti torneranno a funzionare e forniranno dati che chiariranno i quesiti ancora insoluti. Come sempre, però, molti altri ne nasceranno nel momento di voler approfondire i primi dati: è questo il bello della ricerca scientifica. In ogni caso siamo davanti a un successo fantastico degli scienziati e dell’industria spaziale europea.