Shuttle, fine di un’epoca
Un ciclo della vita spaziale del mondo si è definitivamente concluso: è iniziato a Ellington Field, presso Houston, lo smantellamento del Boeing 747 modificato che la Nasa ha utilizzato per 30 anni per il trasporto degli Shuttle. Lo abbiamo visto volare dappertutto questo strano uccello; venne anche in Italia 28 anni fa prima che lo Shuttle volasse per la prima volta. Fu una sensazione particolare per noi da poco inseriti nelle attività spaziali italiane. Volò nel cielo di Roma e tutti, grandi e piccoli, stemmo col naso all’insù a guardare quello strano velivolo che ne portava sul dorso uno ancora più tozzo: ali molto corte, corpo piuttosto largo e non molto lungo. Poco tempo dopo lo vedemmo partire con una grande scia di fuoco da Cape Kennedy e rientrare al termine della missione planando dolcemente fino a terra dove si arrestò dopo una lunga corsa frenata da un enorme paracadute. Fu allora che capimmo che cominciava un’era nuova: era finalmente possibile compiere viaggi spaziali frequenti e si poteva finalmente realizzare la Stazione spaziale. Iss è stata costruita in larga misura grazie ai voli dello Shuttle così come la messa in orbita, e in alcuni casi la ripa- razione di osservatori astrofisici volanti come Hubble, il telescopio infrarosso a cui si misero “gli occhiali” per correggere il suo astigmatismo. Tutto ciò, oltre che costellato di successi, si porta appresso anche il suo tributo di morti: due navette distrutte e due equipaggi immolati sull’altare della scienza. Anche questo va messo in bilancio, quasi a farci tornare con i piedi per terra dopo l’ubriacatura degli innumerevoli successi che il progetto Shuttle ha potuto regalare all’umanità intera nel momento in cui ha favorito la collaborazione tra nazioni prima di allora in agguerrita competizione. È stata realmente un’altra epoca favorita anche da condizioni economiche generali decisamente migliori delle attuali. Il brutto tonfo dell’economia nel 2008 esploso con la crisi dei subprime ha fatto saltare tutti gli equilibri precedenti e con essi lo stesso sviluppo della scienza e della tecnologia spaziale; le tensioni politiche, già pesantemente deteriorate dalla tragedia delle Torri gemelle hanno fatto il resto. Oggi ci sono meno soldi per realizzare un qualunque progetto e i Paesi mettono molta più attenzione del passato a ridurre i costi di ogni iniziativa se non addirittura a procrastinarla, o peggio, cancellandola addirittura. Per certi versi è logico che sia così: d’altronde la storia, almeno quella spaziale, procede per salti. Dopo la Seconda guerra mondiale fu la competizione tra le due parti della cortina di ferro a fare esplodere le spese nelle attività spaziali; ci fu poi il salto verso la Luna vinto dagli Usa, quindi la prima competizione per la navetta riutilizzabile che rivide gli americani prevalere ancora una volta sugli altri competitors, russi ed europei, e infine il ciclo Shuttle col grosso risultato politico della collaborazione internazionale allargata alla maggioranza dei Paesi con capacità e tecnologie spaziali avanzate. Il futuro è meno chiaro ancora oggi; gli attori in gara sono aumentati di numero, altri Paesi si sono presentati nel panorama internazionale ma le risorse economiche, almeno per ora, non hanno seguito la crescita numerica. Apparentemente, e forse finalmente, il mondo sta uscendo dalla recessione e questo fa bene sperare in un nuovo balzo in avanti nei prossimi 20 anni: base lunare permanente? Marte? Staremo a vedere o, almeno, lo vedranno i nostri figli.