Racconto dell’ultimo dg di Alitalia

“Al mio arrivo, Alitalia stava bene ed era una compagnia rispettata, sono stati i vent’anni favorevoli con bilanci in attivo. Nessuna avvisaglia dei problemi che si sono ammassati negli ultimi tempi”. Ricorda Ferruccio Pavolini, ultimo direttore generale della compagnia di bandiera. Fiorentino, classe 1930, segno particolare: 40 anni di vita professionale targati Alitalia. Dopo la laurea in ingegneria elettronica, Pavolini vince un concorso Rai, si sta occupando della televisione a colori quando viene chiamato dalla compagnia Linee aeree italiane. Sempre affascinato dall’aviazione, accetta l’incarico in Lai nel 1956 e un anno dopo assiste alla fusione Lai-Alitalia: un evento storico, si può dire che l’aviazione civile italiana nasca in quel momento. “Nei primi anni 60 ero un ingegnere elettronico, e venni chiamato perché in quell’epoca nell’aviazione cominciava a crescere la componente elettronica. Messo a capo della divisione elettronica della Lai, piccolissima perché appena avviata, sono cresciuto seguendo l’evoluzione del mondo aeronautico”. Dal ‘59 al ‘63 lavora negli Stati Uniti, presso la Douglas, per seguire la produzione del DC-8, uno degli aerei “storici” del mondo e anche della nostra compagnia nazionale.
Il 19 giugno 1987 è nominato direttore centrale di gruppo operativo e commerciale e il 10 maggio del 1989 viene nominato direttore generale di Alitalia, nonché membro del Consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo. È anche membro del comitato tecnico Iata dal 1981 e suo presidente nel 1990. Quando si ritira in pensione, ormai vent’anni fa, si affacciano i primi problemi, troppo piccoli per poter reggere la concorrenza internazionale. “Io penso sempre che Alitalia abbia perso una grande occasione quando ci fu la possibilità di fondersi con la KLM e Air France. Sarebbe stata la più grande compagnia europea di trasporto aereo. In quel caso l’intervento politico bloccò il processo e l’occasione fu persa. È difficile classificare Alitalia, non è né piccola né grande, ma una via di mezzo: non la grande compagnia in grado di realizzare economie di scala, né la piccola compagnia soggetta a tutte le oscillazioni del mercato. Era fondamentale associarsi con una grande compagnia e mancare l’occasione con Air France/KLM è stato un errore. Si sono fatti vari esperimenti in seguito, però non hanno retto. In questo mondo la via di mezzo non ha successo”. In un’intervista rilasciata nel 1994, anno del pensionamento, Pavolini dichiarava: “I segni della nascita di una nazione e di uno Stato sono due: il primo è la creazione di una moneta, il secondo è quello di mettere in piedi una compagnia di bandiera. Era vero allora, nell’Italia uscita dalla guerra ed è vero oggi”.