Il personaggio

Di Gregory Alegi

I mille volti di Caproni
“Per me Giovanni Caproni è stato soprattutto un imprenditore che ha fatto crescere l’azienda da 50 a 550 dipendenti e forniva persino la Nasa”, così l’ingegner Carlo Ferrarin ricorda a caldo Giovanni Caproni, scomparso il 25 ottobre a 82 anni e salutato due giorni dopo da mezza Milano. “I necrologi parlano di altro, ma come suo direttore tecnico alla Caproni Vizzola voglio ricordarlo come industriale che investiva soldi propri”. Primogenito del pioniere Gianni Caproni e di sua moglie Timina Guasti, Giovanni era nato il 10 gennaio 1932. Dopo la laurea in Economia, il “dottor Caproni” (come tutti lo chiamavano per distinguerlo dal padre, “l’ingegnere” o “il conte”) seguì le ultime fasi del gruppo Caproni e gestì poi con abilità il patrimonio familiare. Alla metà degli anni Sessanta prese le redini della Caproni Vizzola, che si dedicava ormai a produzioni eterogenee. Sotto la sua guida la società rientrò a pieno titolo in campo aeronautico. Nel 1968, con l’acquisto delle attività dell’Aviamilano, la ditta tornò alla produzione di velivoli completi con gli alianti A.2 e A.3, seguiti dal Calif (che colse quattro primati mondiali nel 1972 e due italiani nel 1974) e dal bireattore C-22J, progettato da Ferrarin. Ma era il canto del cigno. Nel 1983, per vicende che coinvolgevano un fratello, la Caproni Vizzola fu ceduta al Gruppo Agusta, concludendo 75 anni di presenza in un settore in cui ormai c’era sempre meno spazio per le imprese familiari. All’attività imprenditoriale Caproni affiancò passioni che andavano dalle auto storiche, settore nel quale vantava persino la partecipazione alla corsa Londra-Brighton con l’Isotta Fraschini del 1902 del padre, al Touring Club Italiano, del quale fu a lungo vicepresidente, fino alle mountain bike, di cui fu pioniere in Italia e presidente dell’omonimo club. A Vizzola trovò posto il Museo Caproni, nel quale con la sorella Maria Fede profuse grandi energie, fino al trasferimento a Trento. Appoggiò quindi il ritorno a Vizzola di quello che è oggi il parco-museo di Volandia. Sempre disponibile per studiosi e ricercatori, sostenne infinite iniziative editoriali. Negli ultimi anni fu colpito da un raro morbo, affrontato con grande serenità con ac- canto la moglie e i giovanissimi figli.