Buon lavoro, mr. Work!
Praticità e rigore mescolati in un comparto delicatissimo come la Difesa a stelle e strisce. Bob Work, neo sottosegretario alla Difesa, non ama essere definito un ex marine. Perché quello è uno status che non cessa mai, neanche quando il servizio non è più attivo e la quotidianità impone altri ritmi e incarichi. In qualità di ceo del Centro per la nuova sicurezza americana, ha lavorato duramente per cambiare ciò che una volta era il think tank personale di Hillary Clinton, trasformandolo in un centro di analisi davvero bipartisan. La sua nomina giunge in un momento complesso per il dipartimento della Difesa, lo dimostrano anche le pagine con cui si è “congedato” l’ex segretario Robert Gates che nel suo libro di memorie ha osservato come sia costantemente sotto la microgestione della Casa Bianca, anche in considerazione del fatto che l’intero comparto della sicurezza nazionale non pare essere in cima ai pensieri dell’amministrazione centrale. Ma gli Stati Uniti non sono certo un Paese periferico, bensì in qualità di superpotenza non possono limitarsi alla riduzione del disavanzo o al mero controllo algebrico di entrate e uscite. Ragion per cui la missione di Work appare al tempo stesso articolata e molto impegnativa, dovendo provvedere a un’attenta gestione del dipartimento senza mortificarne efficienza e spirito di servizio. Una prima significativa sfida prende il nome di programmazione tecnico-finanziaria futura: la concorrenza dei Servizi sarà un banco di prova rilevante, affrontando la sfida di dover bilanciare le esigenze attuali con i programmi che saranno realizzati solo nei prossimi anni. Il tutto in un quadro d’insieme che prevede la necessità di controllare il consumo delle risorse di bilancio come il personale, senza svilire l’attribuzione di risorse per pensioni e compensazioni militari. Dovrà inoltre affiancare il suo diretto superiore, Chuck Hagel, a districarsi attraverso i banchi di un Congresso profondamente diviso, che non pare avere la Difesa come comparto principale. Ma la più grande agenzia di difesa del pianeta ha da oggi alla sua guida uno che promette di vendere cara la pelle, come dimostra il suo curriculum: è stato sottosegretario della marina, nel corpo dei Marines dal 1974. Quasi trent’anni di carriera caratterizzati da svariati ruoli, di comando e di azione. Dopo il ritiro ha aderito al Centro per le valutazioni strategiche e di bilancio (Csba), prima come senior fellow per gli affari marittimi in seguito come vice president for Strategic studies, concentrandosi sulla strategia di difesa, come i programmi di guerra, oltre che sulla riforma del dipartimento della Difesa e sugli affari marittimi. In quest’ultima branca si è distinto per aver analizza- to e approfondito la natura mutevole della guerra sottomarina, oltre alle proiezioni di potenza contro le potenze nucleari regionali e quelle contro le reti anti-access. È stato anche professore a contratto presso la George Washington University, dove ha insegnato Analisi della difesa e ruoli e missioni delle Forze armate.