Impronte Digitali

Di Maurizio Mensi

Il web, tra censura e antiterrorismo

Interessanti (e condivisibili) sono le riflessioni di Daphne Keller sul New York Times del 12 giugno sui rischi di affidare a soggetti privati il controllo della rete. Lo spunto è offerto dal proposito manifestato da Theresa May, dopo gli attentati di Manchester e Londra, di imporre a piattaforme Internet come Google e Facebook compiti di polizia, per identificare e rimuovere contenuti riconducibili al terrorismo. Ancorché mosso dalle migliori intenzioni, l’intervento ipotizzato rischia di rivelarsi un’arma a doppio taglio, sproporzionata e con pesanti danni collaterali. Il primo ministro inglese sembra peraltro essere in buona compagnia se si considera che i leader del G7 hanno di recente suggerito interventi analoghi e in tal senso è pure la proposta avanzata in Germania di sanzionare fino a 50 milioni di euro le piattaforme che non rimuovono rapidamente i contenuti illegali.

Se è comprensibile la reazione di fronte ad atti terroristici efferati che trovano alimento nel web, affidare a soggetti privati il compito di controllare quanto circola sul web significa consentire loro di poter incidere sui diritti degli utenti e sulla libertà di espressione, senza alcun controllo. Senza considerare che non vi è nessuna garanzia che tale intervento sia efficace. La direttiva europea sul commercio elettronico, ora in corso di revisione, è chiara in proposito, stabilendo con precisione compiti e responsabilità di Isp, forze di polizia e autorità di vigilanza e ogni tentativo di “giocare d’anticipo” sulla base di ragioni di sicurezza nazionale deve essere attentamente soppesato.

Già oggi, in Europa, i provider hanno a disposizione sistemi accurati di notice and take down per i contenuti illegali; molti proibiscono materiale pornografico o collegato a bullismo, ma taluni – come noto – si servono del controllo sulla rete per contrastare i dissidenti e perseguire gli avversari. Il punto è che prevedere filtri basati su software per scandagliare e rimuovere automaticamente contenuti da Internet (che si tratti di propaganda terroristica o fake news) ha l’effetto di affidare a società private il compito di decidere a quali informazioni il pubblico può accedere. Un conto, infatti, è stabilire che in alcuni particolari casi (pedopornografia, odio razziale e terrorismo) le piattaforme Internet si facciano parte diligente per segnalare alla polizia contenuti che paiono sospetti, altra cosa è dare loro la possibilità di censurare notizie sgradite.

In conclusione, quello che sembrerebbe un condivisibile intervento volto a responsabilizzare i signori del web rischia di tradursi in un pericoloso strumento di controllo e censura, senza alcun controllo giurisdizionale, destinato a privare i cittadini/ utenti di importanti strumenti di protezione giuridica.