Parola-chiava: resilienza
Errare è una delle cose che mi vengono meglio. Commetto sbagli in continuazione: non ricordo un’attività in cui non sia successo. Dell’anno in cui mi addestravo a diventare pilota, ricordo con estrema chiarezza la frustrazione di una manovra imprecisa, la delusione di un esame da rifare. Il colore rosso, sul tableau dove erano rappresentati i miei voli addestrativi, indicava quelli in cui non avevo raggiunto lo standard minimo richiesto. Non erano molti, ma comunque infinitamente più del numero che io avrei desiderato: zero. Così ho imparato ad avere confidenza con il fallimento. Non mi spaventa più e ho compreso il suo valore assoluto, che rispetto. Più una cosa è complessa, più sono le possibilità che qualcosa vada male, che sia sfuggito un dettaglio, che accada un evento imprevisto – anche microscopico – che scateni a valle una reazione fuori controllo. Mandare un’astronave su un pianeta lontano cento volte la distanza che ci separa dalla Luna è incredibilmente complicato: la meccanica orbitale regola e vincola movimenti e manovre. La quantità di energia contenuta nella struttura chimica dei carburanti limita impulsi e tempi. Anche la velocità della luce è un limite invalicabile, lasciandoci spettatori di manovre automatiche programmate con anni di anticipo, senza possibilità di intervento immediato. Una cultura failure oriented è consapevole di possibili problematiche, alle quali bisogna essere pronti. Ma anche qui esiste un limite: il motivo per cui qualcosa va male è a volte la semplice mancanza di fantasia. Come esseri umani abbiamo molta difficoltà a immaginare ciò che non è ancora successo, ma siamo bravi a reagire, riorganizzare, cambiare, modificare, adattare. Per superare una sfida, dobbiamo provare, fallire e riprovare. La resilienza è una dote fondamentale di chi fa scienza ed esplorazione. La missione ExoMars dimostra perfettamente questo concetto: l’obiettivo principale era l’inserimento nell’orbita marziana dell’orbiter TGO. Al tempo stesso, si voleva provare ad atterrare con un lander molto basico – un test sul campo della tecnologia necessaria per il rover, nel prossimo lancio. Si è però manifestato un problema che ha causato il non raggiungimento di un obiettivo secondario: risolvendolo, porteremo sulla superficie marziana il primo rover europeo. Non bisogna aver paura di fallire: è indispensabile per imparare. Per trasformare l’impossibile in possibile.