La curiosità che accorcia le distanze
Mi chiedono spesso quali siano le caratteristiche di un astronauta. Per vari motivi non so mai rispondere. Una cosa che però accomuna la stragrande maggioranza degli astronauti, indipendentemente da professione e studi pregressi, è la curiosità. Una curiosità universale, inestinguibile, perenne, che presta attenzione alle esperienze altrui, soprattutto se completamente diverse dalle proprie. Quando la mia curiosità è stimolata dalla passione di chi racconta il proprio lavoro, inevitabilmente resto affascinato e abbagliato dalla sfida di imparare. Recentemente ho potuto sfiorare l’affascinante mondo dei ricercatori di pianeti extra-solari. Il lavoro di questi “esploratori del possibile” non è diverso dal mio, nel senso che anche loro viaggiano, con scienza e tecnologia, per superare i confini del conosciuto. E che il viaggio sia soprattutto nel pensiero non ne diminuisce impatto, valore o difficoltà. Davide Gandolfi, astrofisico internazionalmente noto, è oggi ricercatore presso le Università di Heidelberg e di Torino: mentre mi mostra alcuni fra gli strumenti della sua ricerca, dal volto e dalle parole traspare tutto l’entusiasmo e la passione che mette nel suo lavoro. Con la consumata pazienza di chi è abituato a spiegare argomenti complessi a chi ne sa meno di lui, mi accompagna e mi guida in un viaggio interstellare, tracciando a ritroso il percorso di fotoni provenienti da sistemi solari lontani decine di anni luce, supera distanze che non possiamo colmare fisicamente, ma che solo il pensiero di scienziati come lui è in grado di rendere accessibili. La luce, lasciata la sorgente che l’ha generata, attraversa l’atmosfera dei corpi celesti che ruotano intorno alla stella e l’interazione con gli elementi ne svela la composizione. Complesse procedure, frutto del genio umano, permettono di determinarne massa, distanza dal proprio sole e temperatura di superficie. Con la voce di Davide, gli strumenti raccontano la vita di ogni particella di luce raccolta, che trasporta con sé la storia di pianeti su cui un giorno vorremmo inviare una sonda, un lander, un rover. Nonostante il mio inesauribile ottimismo, so che non potrò mai posare lo sguardo su quei pianeti: che un giorno un uomo, o la sua evoluzione, possa superare gli spazi siderali, è solo un sogno, per me. Ma non per Davide: lui, quel viaggio, l’ha già fatto tante volte, quanti sono i pianeti che ha scoperto.