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Top-down or bottom-up?

Scrivo questo mio contributo in un momento molto importante per il settore spaziale. Come addetto spaziale negli Usa, mi sto interessando di Space weather, ossia la condizione fisica e fenomenologica dell’ambiente spaziale naturale intorno alla Terra. La disciplina, attraverso osservazioni, monitoraggio, analisi e modellizzazione, si prefigge la comprensione e la previsione delle condizioni del Sole, dell’ambiente interplanetario, dello spazio in vicinanza della Terra, e delle perturbazioni che li interessano. Lo Space weather cerca anche di prevedere, a breve (forecast) e brevissimo termine (nowcast), i possibili effetti sui sistemi biologici e tecnologici. Per capire, le dinamiche della corona solare (plasma a elevatissima temperatura) interagendo con il potente campo magnetico del Sole, creano movimenti convettivi di materiale che possono arrivare a temperature di milioni di gradi. Ma al di fuori dal flusso convettivo della corona, si trovano zone fredde, i buchi coronali, che possono esplodere con esiti rilevanti sulla meteorologia spaziale, rappresentando un concreto pericolo per i satelliti in orbita intorno alla Terra e con possibili effetti sulle comunicazioni satellitari e sulle reti elettriche. È un argomento di grande interesse, negli Stati Uniti come in Italia, che possiedono ampie competenze di settore. In Italia, l’interesse è nato da esigenze operative e nell’ambito degli enti di ricerca e tra gli esperti, con la comunità scientifica riunita nel 2014 nello Space weather italian community. Dal 2012 l’Aeronautica militare con Ingv e Inaf, partecipa all’Inter-programme coordination team on space weather dell’Organizzazione meteorologica mondiale. E oggi, con il coinvolgimento dell’Asi, stiamo cercando di sensibilizzare la Protezione civile e la cabina di regia presso la presidenza del Consiglio dei ministri (ancora con scarso successo). Si tratta del tipico sforzo partito dalla base, bottom-up, che cerca di consolidarsi nel sistema-Paese (istituzioni, enti di ricerca, industria, ecc.). Negli Usa l’impostazione è di tipo top-down: nel 2015 la Casa Bianca pubblicava la National space weather strategy and action plan che lo definiva settore di interesse nazionale, per proseguire nel 2016 con un ordine esecutivo del presidente in cui precisa competenze, responsabilità, scadenze, coinvolgendo tutto il sistema delle agenzie governative, dalla Nasa al Department of homeland security. La transizione con la nuova amministrazione, non ha alterato l’impostazione. Il nuovo Congresso a gennaio ha introdotto la proposta di legge Space weather research and forecasting act. Due approcci differenti, opposti, e la riflessione è d’obbligo: quale quello migliore? Probabilmente il top-down è il più logico e sequenziale, ma nel nostro caso sembra impossibile: non vedo proprio come il nostro Parlamento possa oggi impegnarsi nell’approvazione di linee-guida su tale argomento. Forse anche il bottom-up può funzionare bene, ma a patto di procedere con sistematicità (e a patto di arrivarci… all’up!).