Pensieri spaziali

Di Roberto Vittori

Atterraggio (quasi) morbido

Casa dolce casa, o forse “Terra dolce Terra”. In quanto a dolce forse ci sarebbe da ridire, così come del “morbido”. Siamo ormai a pochi, pochissimi giorni dal rientro a casa di Paolo Nespoli! Atterraggio previsto il giorno 14 dicembre nel deserto del Kazakhstan. Ricorro con il pensiero ai miei atterraggi (morbidi) a bordo della Soyuz. La parte finale del rientro atmosferico dura circa 30 minuti; inizia con la “razdelenie”, ossia la separazione dei tre moduli della Soyuz. Solo il modulo di comando è destinato a salvarsi, mentre il resto si brucia. La prima fase dura circa 15 minuti ed è la fase di rallentamento dovuto al frenaggio per attrito con l’aria progressivamente più densa. La velocità di ingresso è circa 8 km/sec e il rallentamento porta fino a circa 220 m/sec per l’apertura del paracadute che bruscamente porta la capsula a un deciso rallentamento. Quindici minuti di discesa per poi avere, qualche frazione di secondo prima del contatto, l’accensione dei retrorazzi che hanno il compito di rallentare ulteriormente la velocità di discesa dell’oggetto metallico di 1,5 tonnellate appeso, per l’appunto, a un paracadute.

Del mio primo “atterraggio morbido” ricordo il momento dell’impatto simile a un’esplosione seguita da una lunga attesa senza poter fare nulla. Le squadre di soccorso non possono avvicinarsi. Durante il rientro, l’attrito atmosferico è talmente forte che la parte esterna della capsula brucia e quindi, dopo l’atterraggio, fino a che la temperatura non è scesa, nessuno può intervenire. Del mio secondo “atterraggio morbido” ricordo la strana sensazione per non riuscire ad aprire il visore della tuta; scoprendo a posteriori che avevamo rimbalzato per poi ricadere su un fianco e quindi ero in realtà sottosopra ossia seduto sulla testa. L’unica cosa di cui mi rendevo conto era la stanchezza, o meglio, la spossatezza, la confusione, il desiderio e forse il bisogno di aprire il visore senza riuscire a farlo e da qui la sensazione di essere prigioniero senza capire di cosa. Del resto, legittimamente, l’astronauta americano Scott Kelly ha definito l’atterraggio della Soyuz come trovarsi in un barile in fiamme che cade dalle cascate del Niagara. Descrizione veramente molto pertinente e puntuale. Speriamo che Paolo non legga l’articolo, altrimenti potrebbe spaventarsi. In realtà, anche se fosse, c’è poco da fare, non ci sono scorciatoie. A oggi, il rientro atmosferico è la fase meno compresa, meno conosciuta e più temuta. In realtà Paolo è un astronauta esperto; a questo punto il più esperto; l’uomo dei record da record. Oltre un anno nello spazio con tre voli sia su Soyuz sia Shuttle. Impossibile da battere. Prepariamoci ad accoglierlo come merita

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