La crisi di mezza età dello spazio italiano
Mi preparo a festeggiare fra poco un compleanno particolare, quello dei 50 anni. Un traguardo importante e i bilanci sono inevitabili. E, coincidenza, la mia è la stessa età della storia spaziale italiana, da quando anche nel nostro Paese si cominciò a “colonizzare” lo spazio. Sono passati esattamente 50 anni dal lancio del San Marco. Era il 15 dicembre 1964 e il lancio avvenne dalla base di Wallops Island, in Virginia. Evento storico di grande e positivo entusiasmo, allora. Momento di complessa e incerta transizione, oggi. Torneremo ad analizzare l’Asi dal suo interno dopo che la nomina del presidente sarà al passato. Per ora cerchiamo di sintetizzare e riassumere alcune delle condizioni al contorno. L’Asi viene fondata nel 1988, poco dopo la nascita di Esa, e si trova a crescere come il punto di riferimento istituzionale di tutte le competenze spaziali e aerospaziali del sistema-Paese. La pianta tuttavia è cresciuta molto rapidamente e le radici fanno fatica a rimanere all’interno del vaso. Cosa è oggi lo spazio? È sicuramente ricerca scientifica, ricerca medica e tecnologica, esplorazione robotica del sistema solare, osservazione dell’universo. Ma è anche un mattone di crescente importanza della strategia industriale del Paese. Cosmo-SkyMed rimane a oggi un vantaggio tecnologico e i sistemi e le piattaforme satellitari sono certamente elementi fondamentali e trainanti del comparto. Vega rappresenta un indubbio successo tecnologico e la capacità manifatturiera della nostra industria una indiscutibile realtà. L’Italia costruisce moduli pressurizzati, capacità di nicchia ma competitiva a livello internazionale. Lo spazio è anche sicurezza e difesa con un sempre crescente coinvolgimento del ministero della Difesa. Più di recente è apparso, o forse ha avuto un’accelerazione, il filone del rientro orbitale che apre le porte a scenari identificabili come “aerospace operations”. Forse uno “spazio porto” anche in Italia, o come mi sono permesso di rinominare uno “space gate”? Oltre alle macro aree sopra definite e in aggiunta all’impostazione fortemente duale dello spazio in Italia (a partire dal generale Broglio, fondatore della Scuola di Ingegneria aerospaziale), non possiamo non fare menzione alla dimensione europea. Tra le altre cose, il crescente peso degli investimenti della Ue (Horizon 2020) ci porta a chiederci quale possa essere la configurazione del punto di stabilità con l’Esa. La stessa domanda è doveroso porla anche nei confronti degli investimenti nazionali quando in realtà tutti i maggiori programmi sono anche a livello europeo. La scelta del nuovo presidente sicuramente fornirà alcune delle risposte. Quantomeno darà la percezione del tipo di impostazione che il governo vorrà dare alla versione “2014” dell’Agenzia spaziale italiana. Certo le condizioni al contorno non sono delle più semplici: le risorse economiche nazionali per i 4/5 sono già vincolate all’Esa; il sistema Cosmo-SkyMed seconda generazione manca del necessario supporto finanziario; la situazione legata alle decisioni europee sui lanciatori e ai cambiamenti prevedibili con l’arrivo della fine mandato del direttore generale di Esa non fanno altro che prevedere a livello europeo un complesso puzzle di strategia, politica ed economia. Auguriamo un buon lavoro al nuovo Presidente, o forse sarebbe meglio proprio augurare “buona fortuna”. Ne avrà certamente bisogno per fare superare “la crisi di mezza età” allo spazio in Italia.