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Giri di valzer tra Kiev e Mosca
“In un matrimonio felice il marito non ha ragione di diventare subito rosso se la sua signora una volta fa un innocente giro di valzer con un altro”. Le immortali parole pronunciate nel 1902 dal cancelliere von Bulow, che all’epoca si riferivano, con un misto di ironia e preoccupazione, agli arditi equilibrismi della politica estera del Regno d’Italia, ritornano oggi tremendamente attuali con riferimento ai due viaggi di Stato del premier Renzi, prima a Kiev e poi a Mosca.
Avvenute in una contingenza internazionale partciolarmente difficile, sia per la guerra civile che infuria in Ucraina sia per il clima oscuro e pesante che si respira a Mosca dopo l’uccisione di Boris Nemtsov, le due visite hanno confermato i segnali di una rinnovata dinamicità italiana sullo scacchiere diplomatico e hanno mostrato le potenzialità che Roma possiede per esercitare il ruolo di mediatore non solo tra Kiev e Mosca, ma anche tra quest’ultima e Bruxelles.
Non è un mistero che il governo, sin dal suo insediamento, abbia deciso di gestire direttamente il dossier ucraino e i rapporti italo-russi, al pari della scottante vicenda libica, lasciando alla Farnesina i lavori di contorno, a testimonianza di come la politica estera possa rappresentare un elemento decisivo del renzismo ben più di quanto lo sia stata con la leadership di Monti e Letta.
Un efficace metro di valutazione sui buoni risultati dei due bilaterali è stato offerto dalla duplice investitura, di Kiev e Mosca, dell’Italia quale Paese mediatore nella crisi. Benchè in Russia il meeting tra Renzi e Putin sia stato oggettivamente lontano dalla cordialità dei tempi berlusconiani, appare indubbio che il leader russo abbia avuto un approccio più disteso rispetto agli incontri con la Merkel e Hollande, ribadendo che, nonostante la crisi ucraina abbia influito negativamente sui rapporti italo-russi, Roma resta un partner privilegiato per Mosca. Inoltre, occorre sottolineare come il premier sia riuscito a strappare un’intesa di massima con Mosca nell’ottica di una futura azione in Libia.
Dunque, in definitiva, un bilancio positivo, soprattutto se si considerano gli spifferi di Guerra Fredda che da oltre un anno condizionano i rapporti euro-russi. Non è da sottovalutare la possibilità che l’Italia e il suo governo, liberi dagli impacci che frenano Germania e Francia, possano parzialmente ricucire lo strappo tra Kiev, Bruxelles e Mosca e gettare le basi di quel reset diplomatico che neanche gli Stati Uniti, a suo tempo, sono riusciti a compiere.