Una mossa europea nello scacchiere del Pacifico?
Lo scorso 29 maggio si è aperta a Singapore la quattordicesima edizione dello Shangri-La dialogue (conosciuto anche come Asia security summit), il vertice che riunisce annualmente ministri della Difesa e alti delegati, governativi e militari, impegnati nel settore per discutere delle principali sfide alla stabilità dell’area Pacifico. L’assertività della condotta cinese nell’ambito delle storiche dispute marittime nel mar Cinese Orientale e Meridionale da un lato, e la conseguente corsa agli armamenti e alle più svariate forme di cooperazione militare da parte degli Stati rivieraschi dall’altro, stanno logorando i rapporti all’interno della regione. Il forum è stata l’occasione per ribadire la necessità di creare un’architettura regionale in grado di elaborare una soluzione politica alle attuali tensioni e di farsi garante della sicurezza dell’area.
La necessità di lanciare una simile iniziativa, fino a ora inesistente all’interno del continente asiatico, potrebbe aprire nuovi e importanti finestre di dialogo non solo per Paesi, come gli Stati Uniti, che ormai hanno fatto del cosiddetto Pivot to Asia la punta di diamante della propria strategia di lungo periodo. Tali spazi, infatti, potrebbero rappresentare incoraggianti opportunità di cooperazione anche per l’Europa, al momento cauta spettatrice di una partita giudicata o troppo rischiosa o troppo poco importante per poter essere giocata da protagonista. La pluriennale esperienza dell’Unione europea nel dar forma e, soprattutto, nel cercare di ponderare i diversi interessi nazionali per creare una comunità politica, prima che economica, potrebbe rivelarsi un’importante carta da giocare per rilanciare la relazione con i propri partner asiatici. Un maggior impegno dell’Ue nella regione e, conseguentemente, un rilancio della qualità della partnership in Asia consentirebbe a Bruxelles di uscire dall’ombra dell’alleato statunitense per perseguire una politica più autonoma e proattiva, che permetterebbe all’Europa di fare il passo decisivo per trasformarsi da perfetto maggiordomo in vero e proprio padrone di casa.
La presenza dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue Federica Mogherini, intervenuta a chiusura del summit, sembrerebbe testimoniare che qualcosa in questa direzione stia cambiando: il vecchio continente pare cominciare a essere, se non pronto, per lo meno più consapevole che nei prossimi anni sarà sempre più necessario imparare a esprimere una voce univoca nel Pacifico per poter assumere un ruolo attivo nella gestione di minacce che, per quanto distanti, hanno inevitabilmente ripercussioni sugli interessi internazionali.