Un missile forte e chiaro
Con una mossa a sorpresa, non necessaria sul piano militare ma di grande rilievo politico-strategico, nella notte tra il 6 e il 7 ottobre la Russia ha lanciato 26 missili cruise per colpire obiettivi situati nel nord della Siria. I missili, modello 3M-54 Klub/Kalibr (SS-N-27 SIZZLER per la Nato) sono stati lanciati da 4 corvette in navigazione nel Mar Caspio e hanno raggiunto i loro obiettivi dopo un viaggio di circa 1.800 chilometri. Lo scopo dell’operazione non è stato quello di centrare obiettivi strategici nei territori in mano all’opposizione a Bashar al-Assad, quanto quello di mandare agli Stati Uniti e alla Nato chiaro e forte il messaggio che la Russia dispone di una capacità di attacco convenzionale di precisione a lunga distanza ormai combat proven. Ciò è stato reso possibile non solo grazie ai continui miglioramenti dei missili della famiglia Klub/Kalibr, ma anche, e soprattutto, grazie all’ammodernamento e ampliamento della rete satellitare GLONASS che, almeno nell’emisfero nord, pare aver raggiunto livelli soddisfacenti di affidabilità e precisione. A complicare il quadro, è noto che i missili Klub/Kalibr sono di prossima installazione anche sulle tre nuove fregate leggere classe Admiral Grigorovich che, a partire dal 2016, andranno a riequipaggiare la vetusta flotta russa del Mar Nero. Ora, basta tracciare un raggio di 1.800 chilometri dal centro del Mar Nero per capire quanto la Nato e i Paesi europei dovrebbero rompere gli indugi circa la costituzione, in tempi brevi, di una realistica capacità di difesa anti-missile che protegga le infrastrutture critiche tanto dai missili balistici, quanto da quelli di crociera. A questo proposito, tocca invece constatare come, purtroppo, stia ancora prevalendo la classica vocazione continentale a procedere in ordine sparso per difendere i propri sempre più risicati orticelli. La situazione è complicata dalla tentazione americana di procedere a livello industriale con la classica strategia del divide et impera, anziché tentare di coagulare quanti più partner europei possibili attorno a un progetto transatlantico che possa prevedere anche adeguati ritorni industriali e tecnologici per le aziende missilistiche del vecchio continente. In realtà, se iniziasse a prevalere la ragione sugli egoismi, la soluzione sarebbe abbastanza ovvia e alla portata di tutti. Sul fronte europeo, Francia e Italia dovrebbero dare il massimo impulso allo sviluppo del missile ASTER 30 Block 1 NT per permettere alle batterie SAMP/T di disporre di una munizione finalmente adeguata alla missione ABM. Sul piano transatlantico invece, Stati Uniti, Italia e Germania dovrebbero trovare un punto d’intesa per portare avanti congiuntamente le tecnologie del defunto programma MEADS e, in particolare, il rivoluzionario radar MFCR che, grazie alla sua architettura aperta, potrebbe fungere da sensore di scoperta successivamente integrabile tanto con le batterie SAMP/T, quanto con i sistemi PAC-3 presenti sul teatro europeo. Sviluppando questo schema senza ulteriori indugi, entro il 2020, il territorio europeo potrebbe disporre di un iniziale set di capacità idoneo a fornire uno schermo difensivo credibile e integrato contro i molteplici sistemi missilistici a medio e lungo raggio che stanno continuando a “spuntare” ai sui confini.