È l’ora dei BattleGroups?
Le linee-guida esposte dal ministro Pinotti nel corso della sua audizione presso la commissione Difesa del Senato prefigurano una novità importante e da lunghi anni attesa dal nostro Paese, ovvero la realizzazione di un nuovo Libro bianco della difesa. Tale documento, la cui ultima edizione italiana risale al 2002, è l’elaborato fondamentale per determinare la postura militare e di sicurezza di un Paese e, generalmente, in altre realtà paragonabili alla nostra, viene realizzato con cadenza quadriennale. L’importanza del Libro bianco è di tutta evidenza, se si considera che rappresenta il momento cruciale in cui il vertice politico del Paese, inquadrato il contesto di sicurezza e le potenziali sfide internazionali, determina la tipologia di missioni richieste alle Forze armate, gli ambiti di intervento delle stesse, le capacità da potenziare e quelle da ridurre o condividere. In definitiva, il Libro bianco, una volta redatto, consente ai cittadini di conoscere cosa il Paese si aspetta dalle proprie Forze armate e che livello di ambizione ha nel contesto internazionale. Bene ha fatto, quindi, il ministro a specificare subito che la nuova edizione del testo, non sarà una fotografia della situazione attuale, bensì un momento di riflessione in chiave prospettica, aperto anche alla società civile, circa compiti, dimensione e qualità dello strumento militare nazionale futuro. Ecco, quindi, che la predisposizione del nuovo Libro bianco, unita alle risultanze dell’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma in fase di conclusione alla Camera, permetteranno non solo all’esecutivo, ma anche all’intero sistema-Paese, di esprimere una riflessione compiuta e condivisa anche sui principali programmi di ammodernamento tecnologico delle Forze armate. Infatti, a un livello di ambizione internazionale elevato, dovrebbe logicamente corrispondere un adeguato ammontare di finanziamenti per consentire al nostro strumento militare di restare al passo con i tempi e rimanere interoperabile con quello dei nostri alleati. Sul fronte della maggior integrazione europea nel campo della Difesa, è noto come il ministro abbia recentemente ribadito l’impegno italiano per favorire lo sviluppo di qualcosa di concreto già nel corso del prossimo semestre di presidenza italiana. È auspicabile quindi che, complice l’improvvisa crisi ucraina e la nuova situazione di tensione militare alle porte dell’Ue, si riesca finalmente a giungere in tempi brevi a qualcosa di più tangibile rispetto alle solite iniziative di pooling and sharing. Un primo passo reale e di veloce attuazione potrebbe essere quello di rendere finalmente possibile l’impiego operativo dei “BattleGroups” europei disponibili finora, ma mai impiegati in missione per mancanza di accordo politico tra i partner. In conclusione, è opportuno rimarcare come il ministro abbia confermato l’impegno del nostro Paese a sostegno dell’Afghanistan anche nel periodo post-2014. La presenza di un contingente militare nazionale, tuttavia, sarà subordinata all’esito delle trattative tra Afghanistan e Stati Uniti, circa l’Accordo bilaterale sulla sicurezza (Bilateral security agreement – Bsa) che dovrà chiarire lo status delle truppe americane nel Paese a partire dal 2015. È infatti evidente che è molto difficile ipotizzare una presenza italiana o Nato nello scenario afghano in assenza di truppe americane per ragioni di carattere politico, tecnico e anche economico.