Strategicamente

Di Andrea Margelletti

Elicotteri sul Garibaldi: una svolta?
Con gli ultimi giorni di febbraio si è concluso un lungo percorso da parte del personale appartenente al Centro sperimentale volo (Csv) dell’Aeronautica militare che, operando in maniera congiunta con il personale dell’Aviazione, dell’Esercito e della Marina militare, ha portato a termine una campagna di appontaggi sulla nave Garibaldi da parte degli elicotteri AH-129 del nostro Esercito. Tale campagna sperimentale era iniziata nel luglio del 2015 ma, a ben pensare, il percorso verso l’integrazione dei Mangusta sul Garibaldi era iniziato molti anni fa – per essere precisi con l’intervento in Somalia del 1994 – senza però aver mai portato a un coordinamento dell’anima ad ala rotante dell’Esercito e dell’Aeronautica con le piattaforme anfibie della Marina. Sembrerebbe quindi che, finalmente, dopo vent’anni di oblio anche il nostro Paese sia sul punto di dotarsi di un’idonea capacità elicotteristica d’attacco in grado di poter operare dalle navi.
Le operazioni anfibie vanno a configurarsi da sempre come tra le più difficili e rischiose da portare a termine per le Forze armate di un Paese. In un assalto anfibio, l’elicottero svolge un compito fondamentale, data la necessità di infiltrare, garantire la mobilità verticale e lanciare le ondate dei fucilieri quanto più distante possibile dalla costa nemica.
Tutti i maggiori attori internazionali dispongono a tal proposito di reparti ad ala rotante capaci di poter operare da navi anfibie, sia per trasportare i nuclei di fanteria, sia per fornire loro l’essenziale e vitale supporto di fuoco durante le missioni. Se a livello mondiale solo i Marine statunitensi possono permettersi una flotta di elicotteri dedicata, gestita e operata direttamente dal Corpo, negli altri Paesi, dove le risorse economiche sono meno imponenti, il sommo mantra per poter mantenere capacità anfibie adeguate per poter operare negli attuali scenari risiede nella messa in comune degli assetti, tra le varie Forze armate, in funzione interforze. Gran Bretagna, Francia e Spagna già lo fanno da tempo, aumentando così in maniera significativa le loro capacità di proiezione di potenza sul mare e dal mare, a tutto beneficio dei propri interessi nazionali, qualora venisse richiesto l’impiego di tale strumento.
L’Italia, purtroppo, anche in quest’ambito è rimasta finora ostaggio dei vari campanilismi di Forza armata: Aeronautica militare, Esercito e Marina militare troppo spesso si illudono di poter continuare a pianificare e svolgere operazioni single service dal sapore antico. Bene, quindi, questa iniziativa purché segnali un’inversione di tendenza duratura e non sia un fuoco di paglia come quello del 1994.