Strategicamente

Di Andrea Margelletti

LM vs Boeing, sfida tra giganti

Lo scorso 27 gennaio, il neo segretario alla Difesa, James Mattis, ha annunciato una nuova revisione del programma F-35, segnando il primo atto concreto della nuova amministrazione americana volto a ridurre il costo del cacciabombardiere di Lockheed Martin. La decisione del DoD, non solo mette sotto esame i costi complessivi del programma, ma richiede anche un test comparativo tra la versione F-35C (destinata esclusivamente alla US Navy per l’impiego sulle portaerei) con una ipotetica versione pesantemente aggiornata del cacciabombardiere Boeing F-18 E/F. La scelta di Mattis, se, da un lato, dà un seguito concreto alle molteplici dichiarazioni del presidente Trump, che più volte in campagna elettorale aveva preso di mira l’eccessivo costo del programma, dall’altro, potrebbe risolversi nel classico caso in cui la montagna partorisce il topolino. Infatti, dal lato dei costi, il programma F-35, già da tempo, ha intrapreso un sentiero di riduzione del prezzo per singolo velivolo determinato dall’aumento delle economie di scala, che è destinato a continuare nei prossimi anni. Ne è una riprova che, l’ultimo Lrip (lotto di produzione a basso ritmo) contrattualizzato tra Lockheed Martin e il Pentagono, lo scorso 3 febbraio, abbia segnato un risparmio complessivo di 728 milioni di dollari rispetto al precedente e abbia portato il costo unitario di ogni singolo F-35A, per la prima volta, sotto la barriera psicologica dei 100 milioni di dollari (motore escluso).

Conseguentemente, all’amministrazione Trump sarà sufficiente intestarsi il merito della prevedibile ulteriore curva di discesa del costo del velivolo per mostrare un risultato tangibile ai propri elettori. Molto più interessante per il futuro dell’industria aeronautica americana è, invece, la dinamica della prevista sfida tra l’F-35C e l’F-18 E/F in chiave evoluta. Al di là del fatto che sulla carta non c’è gara tra un velivolo di quinta generazione come il Lightning II e il ben più anziano Super Hornet, appare evidente il tentativo di Boeing di scalzare Lockheed Martin almeno dalle portaerei americane, proponendo un nuovo F-18 con prestazioni decisamente inferiori, ma a un prezzo molto più abbordabile rispetto agli attuali 121 milioni di dollari dell’F-35C. La sfida, in questo caso, non si gioca solo su meri parametri tecnici, ma va a coinvolgere lo stesso futuro industriale della casa di Seattle nella produzione di velivoli da combattimento attualmente in dubbio. Proprio per questa ragione le chance di Boeing potrebbero non essere così basse. Infatti, la storica avversione del Pentagono rispetto alla possibile dipendenza da un potenziale unico fornitore, in questo settore, potrebbe avere un peso non indifferente sulla decisione finale.