Strategicamente

Di Andrea Margelletti

Italia, buone ragione per stare nel Sahel

La decisione del governo di inviare 450 militari in Niger rappresenta l’ultima e naturale evoluzione della strategia nazionale verso il continente africano. Infatti, a partire dalla caduta del regime gheddafiano nel 2011 e causa della proliferazione esponenziale del terrorismo jihadista e del traffico di esseri umani, il nostro Paese ha dedicato crescenti risorse economiche e politiche al supporto delle attività di sviluppo e stabilizzazione nei teatri più critici dell’Africa. In questo senso, il prossimo invio delle nostre Forze armate in Niger testimonia la crescente consapevolezza delle dinamiche politiche e securitarie africane acquisita da Roma, e la volontà sia di supportare la crescita capacitiva delle istituzioni locali, sia il desiderio di contribuire attivamente al miglioramento del controllo dei confini e al contrasto al terrorismo e alla criminalità transnazionali, con possibili benefici anche per il processo di stabilizzazione della Libia. Infatti, in uno scenario come quello saheliano, caratterizzato dall’estrema porosità dei confini, il miglioramento della situazione securitaria in una determinata area ha effetti positivi in tutta regione.

In questo senso, contribuire alla sicurezza del Niger potrebbe cauterizzare le arterie di rifornimento di trafficanti e miliziani terroristi, indebolendo il loro network anche in Libia, dalle sabbie del Fezzan fino alle coste. Sotto questo punto di vista, la scelta del Niger appare sintomatica. Infatti, Niamey si trova al centro della fascia saheliana, il crocevia delle principali rotte desertiche utilizzate sia dai terroristi sia dai trafficanti, e rappresenta, sinora, uno dei rari esempi di risoluzione relativamente pacifica delle controversie tra diversi gruppi etnici. Non bisogna, difatti, dimenticare che l’attuale equilibrio di potere del Paese si fonda sul compromesso del 2010 tra i Tuareg del nord, che usufruiscono di un’ampia autonomia amministrativa (leggasi governo de facto delle proprie regioni di riferimento) e gli Hausa.

Dunque, lo sviluppo di buoni rapporti con le comunità Tuareg del nord del Paese appare fondamentale per massimizzare gli obiettivi della missione e agevolare le attività delle nostre Forze armate. In questo senso, i decenni di esperienza accumulati in teatri caratterizzati dalla centralità della dimensione etnicotribale o settaria, e la tradizionale capacità dei nostri contingenti di instaurare rapporti di fiducia con le strutture di potere informale sul territorio costituiscono un bagaglio imprescindibile in uno scenario quale quello nigerino.

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