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L’aereo di Trump a terra: “bollo di circolazione” scaduto!
Costa 5 dollari il rinnovo annuale della registrazione di un aereo presso la Federal aviation administration statunitense, e la pratica si effettua online. Cinque dollari, anche per un jet che vale decine di milioni. Bel Paese gli Stati Uniti: i pensieri passano al raffronto con il bollo di circolazione per una modesta automobile in Italia e al balzello che ogni azienda è obbligata a versare alla Camera di commercio ogni gennaio. Guai a chi dimentica però di versare i suoi 5 dollari, come ora sa Donald Trump. Il magnate è abituato a spostarsi con i suoi tre elicotteri e due jet, un Boeing 757 e un Cessna Citation X, costruito nel 1997, numero seriale 750-0023. Ebbene, l’aspirante presidente degli Stati Uniti e i suoi collaboratori hanno dimenticato di versare il tributo, e il bireattore è rimasto a terra in aprile. La scadenza era infatti il 31 gennaio e nessuno ci ha fatto caso sino a quando il New York Times non l’ha rilevato, in aprile. Pochi giorni dopo, la Faa l’ha messo a terra. La brutta sorpresa non era il dover pagare 5 dollari, ma la scoperta che ottenere il rinnovo a bollo ormai scaduto richiede almeno sei settimane. Orbene, siamo negli Usa, e una telefonata alla “persona giusta” non è il loro modo per saltare la fila. Per nulla scoraggiato, lo staff si è messo al lavoro alla ricerca di una scorciatoia. “Eureka! Habemus solutionem”, avrà detto chi scopre che, se è vero che ci vogliono tante settimane per un velivolo con un certificato scaduto, a chi invece acquista un aereo, anche usato, viene rilasciato un certificato praticamente seduta stante. Detto fatto. Donald Trump vende l’aereo a se stesso. Una sua società lo cede a un altra, la DT Endeavor I, (nessun premio per chi indovina cosa vuol dire “DT”, e no, non è Delirium Tremens), la quale ottiene un nuovo certificato il 22 aprile. La privazione è durata non più di una settimana. For the record è l’altro aereo di Trump, che si vede più spesso nei telegiornali, un Boeing 757 che Trump ha comprato da Paul Allen, fondatore di Microsoft. Dopo averlo riconfigurato con le amenità a lui congeniali, ha autorizzato la diffusione di un video in cui la (avvenente) presentatrice fa notare che i motori sono Rolls-Royce, i rubinetti e le fibbie delle cinture di sicurezza sono dorate e nella camera da letto di Mr Trump su copriletti e cuscini è ricamato la stemma della famiglia Trump. Vedere per credere. Ecco il link del video: https://goo.gl/f1EeTk
Lingotti d’oro e… qualche spicciolo
Non è solo “The Donald” che viaggia con l’oro. La polizia di Goa, in India, ha prelevato più di sette chili di gioielli d’oro abbandonati nel bagno di un aereo di linea proveniente da Qatar. L’aereo è stato sottoposto a una ricerca, ha spiegato il capo della dogana, e gli investigatori dell’Air Intelligence hanno trovato 7,124 chili di gioielli nel cestino dei rifiuti. Pochi giorni prima erano stati trovati due chili di lingotti d’oro nascosti in un giubbotto di salvataggio, sistemato sotto un sedile di un altro volo con la stessa provenienza. C’è chi abbandona (si fa per dire) lingotti d’oro e chi perde gli spiccioli che cadono dalla tasche mentre si toglie la giacca, quando si aprono e chiudono i bagagli al controllo sicurezza in aeroporto. La Transport security agency (Tsa), l’ente adibito a farci togliere cinture, scarpe e che ci sottopone a svariati controlli, ci informa che gli spiccioli smarriti ammontavano a 765.759 dollari e 15 centesimi nel solo 2015, negli Stati Uniti. L’ente, che diventa proprietario delle somme in base a una legge del 2005, pubblica puntigliosamente le somme raccolte, che aumentano ogni anno, e che sono raddoppiate dal 2008. Chi non si è mai tacitamente posto la questione di che fine fanno le cose sequestrate ai controlli? Forse preferiremmo che le dessero in beneficienza. Forse sarebbe meglio avere una postazione Dhl o FedEx accanto alla zona controlli, cosicché ci si può far spedire a casa la bottiglia di cognac XO o il pezzo di antiquariato che per i controllori può fungere come coltello letale. Intanto la Tsa ha fatto luce sugli spiccioli.
Dove si siedono 33 leoni su un volo di 14 ore?
Dove vogliono, ovviamente, chi osa contrastarli! Tralasciando la vecchia battuta, l’alloggiamento di 33 leoni – 22 maschi e 11 femmine – è stata la recente sfida di Animal defenders international (Adi), che ha organizzato il viaggio conclusosi domenica 1 maggio in Sudafrica. Gli animali sono stati salvati dai circhi di Perù e Colombia, da “un’inferno di maltrattamenti e fame”, spiegano dall’ente di beneficienza che li ha portati al santuario per i grandi felini a Emoya, in Sudafrica. Finora l’Adi, in collaborazione con le autorità peruviane, ha salvato oltre cento esemplari, dopo che l’uso di animali selvaggi nei circhi è stato bandito nel Paese. I leoni non potranno essere liberati nella savana: molti sono nati in cattività, alcuni sono privi di denti e artigli, tolti per ridurre il pericolo per i loro domatori. Con un primo volo hanno raggiunto Miami. Poi, con un MD-11 cargo hanno proseguito fino a Johannesburg. Le loro gabbie individuali e doppie, sistemate su pallet, sono state collocate tentando di mettere vicini quelli che si conoscevano, per minimizzare l’ansia durante il volo. Dall’aeroporto hanno proseguito il viaggio al santuario in camion. All’arrivo, i primi a scendere sono stati i fratelli Junior e Bumbo, provenienti dalla Colombia. Nei 5mila ettari del santuario potranno passare il resto della vita all’aria aperta, protetti, conducendo finalmente una vita più vicina a quella che la natura intendeva per loro. Quanto costa un biglietto solo andata per un leone dal Sud America al Sudafrica? 13.150 dollari, pasti compresi. Bumbo e i suoi 32 compagni hanno viaggiato grazie ai contributi spontanei di migliaia di persone.