dicembre 2015

Di Flavia Giacobbe

Fine anno. Tempo di bilanci. L’ultima parte di questo 2015 segna probabilmente un punto di svolta rispetto ai temi della difesa e dell’aerospazio. Non tanto e non solo nel merito quanto piuttosto nella loro percezione presso l’opinione pubblica. La minaccia terroristica non è più un concetto astratto, lontano. La paura è arrivata nel cuore dell’Europa e tanti ambienti della società civile che in passato avevano inneggiato al pacifismo, anche dopo la tragedia dell’11 settembre, ora invocano la guerra, l’intervento di Polizia internazionale. La questione sicurezza non è più un tabù. È ora in cima all’agenda politica del Paese e del Vecchio continente. Il governo, alle prese con la legge di stabilità, ha dichiarato di voler aumentare gli stanziamenti per garantire un livello maggiore di sicurezza, tanto più durante l’anno santo del Giubileo. Il segnale è incoraggiante. Speriamo ovviamente che agli annunci seguano gli investimenti reali. L’agenda degli interventi necessari è, a dir poco, ricchissima. In questi anni di deresponsabilizzazione, i budget della difesa sono stati assorbiti principalmente dal pagamento degli stipendi e dalle missioni internazionali. I programmi delle Forze armate – al pari di quelli di intelligence e Polizia – hanno sofferto molto e accumulato ritardi. Dobbiamo invertire la rotta. La politica ora sembra capirne le ragioni. Bene. È evidente che l’attenzione maggiore sarà riservata allo sviluppo di misure legate alla cyber-security. Qui, gli investimenti non sono solo necessari ma urgenti. Occorre dotarsi di tecnologie nei diversi settori e per le differenti finalità. Occorre formare il personale in grado di maneggiare le informazioni, i dati, i byte. Occorre determinare una governance capace di gestire le crisi e fronteggiare le novità delle guerre ibride. Stando vicini allo zero, è facile migliorare e anche assumere i benchmark internazionali facendo tesoro delle esperienze estere. Con un caveat particolare, e di assoluta chiarezza. Quando si parla di affari cibernetici, non si può non ragionare che su tecnologie nazionali. Progetti di partnership sono sicuramente opportuni ma non si può appaltare a Paesi terzi la nostra sicurezza più “intima”. Non possiamo commettere errori del passato anche recente. L’interesse nazionale è una stella polare che speriamo possa fare luce nella nebbia di questi tempi e orientare la nostra Italia nel 2016. Buon anno nuovo.