gennaio 2016

Di Flavia Giacobbe

La sicurezza nazionale è una fondamentale chiave di volta per sistemizzare l’interesse di un Paese e declinarlo quindi nelle strategie che investono la difesa e settori strategici come l’aeronautica e lo spazio, senza trascurare la dimensione cibernetica. In Italia il tema inizia a crescere nell’opinione delle élite. Si tratta di un processo di consapevolezza sul quale abbiamo qualche decennio di ritardo, ma che adesso è urgente consolidare. Anche il governo mostra segnali di attenzione (contraddittori, spesso). La governance della sicurezza è una costruzione ancora precaria. Non perché manchino le leggi. I tentativi di dotare le istituzioni di un apparato credibile ci sono stati e non hanno prodotto esiti negativi. Nel comparto intelligence, per esempio, il legislatore si è rivelato particolarmente capace. Il punto è un altro, semmai. La sicurezza nazionale è stata sin qui un concetto a beneficio dei “tecnici”, come se le valutazioni politiche sulle grandi questioni di attualità dovessero rispondere ad altre priorità, prima fra tutte quella del consenso elettorale. Nulla di più sbagliato. Altro errore è ricordarsi di queste materie solo in caso di attentati terroristici o guerre (tradizionali). La sicurezza riguarda tutto e certamente investe l’economia e la finanza. Il cyber poi è una minaccia costante e invisibile. Lo strumento governativo del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica è certamente utilissimo ed è un presidio fondamentale. Peccato però che appaia sostanzialmente sterile. Per usare una metafora molto nota, è come una Ferrari chiusa nel garage. Le competenze (legate alle norme e anche alle persone che ne fanno parte) ci sono. Ma non vengono usate. Non politicamente. Il vero salto di qualità è culturale, di approccio. Partendo da un nuovo mindset sarà possibile quindi sfruttare le opportunità che sono contenute nell’attuale architettura e magari apportare quelle innovazioni che possono accrescere la capacità dell’Italia nell’affrontare le durissime (e numerose) sfide imposte sul terreno della sicurezza nazionale. Questo percorso investe in pieno la responsabilità di Palazzo Chigi e dei singoli ministeri, ma riguarda anche le imprese e i media. A ciascuno il suo.

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