Luglio / Agosto 2018

Di Flavia Giacobbe

Il ciclone Trump si è abbattuto sul vertice Nato di Bruxelles, come era nei timori della vigilia. Nonostante le tensioni e le minacce, l’esito è stato positivo. Restano certamente cicatrici, e la stessa relazione transatlantica sembra oggi più basata sul rapporto di forza che sulla fiducia reciproca. È il segno che bisognerà lavorare per colmare un gap, ma allo stesso tempo la discussione dentro l’alleanza atlantica ci restituisce un quadro di verità deputato dal politicamente corretto. Gli Stati Uniti pretendono, e non a torto, un maggiore impegno dell’Europa e spingono per consolidare il loro primato industriale e tecnologico. Era già tutto scritto nella Strategia della Difesa varata dal Pentagono lo scorso gennaio. Washington sta trasformando le parole in fatti.

Se la linea muscolare (troppo?) di Trump avrà avuto successo lo capiremo dalle scelte di Berlino. L’adesione al programma F-35 e la scelta di investire nel sistema antimissile Usa saranno infatti la cartina di tornasole dell’equilibrio di potere fra Germania ed Usa. La dimensione strategico-militare e quella politico-industriale sono due facce della stessa medaglia e sarebbe un errore dimenticarselo, anche per un momento. La posizione dell’Italia va infatti collocata in questo quadro. La sintonia del nuovo governo con l’Amministrazione americana si fonda sulla comune visione su temi domestici come l’immigrazione, ma si fonda sul fatto che Roma è ferma negli impegni assunti fra missioni internazionali e partecipazione ai programmi industriali congiunti (Jsf in testa, senza dubbio).

In questo senso, il successo della visita del presidente del Consiglio Conte alla Casa Bianca passa più dalla seria fermezza della ministra Trenta che non dalle trumpate di altri suoi colleghi di governo. Giocare a fare i furbetti su tempi e numeri dei nostri militari in Afghanistan o dei velivoli F-35 sarebbe un azzardo che potrebbe trovare una risposta particolarmente muscolare da parte dell’Amministrazione Usa. E sarebbe improbabile immaginare a quel punto una solidarietà franco tedesca a nostro favore. Insomma, tanto più dopo Brexit, l’Italia è nella naturale e straordinaria opportunità di tornare centrale fra le due sponde dell’Atlantico. Non abbiamo bisogno di fare più di quanto facciamo. Dobbiamo solo tenere a bada l’istinto nazionale di volerci dimostrare i più furbi del quartierino globale.

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