Mai come in questo momento il nostro Paese è concentrato sugli scenari internazionali. A pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, sono in programma prima a Bruxelles il vertice straordinario della Nato (il 25 maggio) e poi il G7 di Taormina (26 e 27). Due appuntamenti che l’Italia attende e prepara da tempo e intorno ai quali – pur con qualche scetticismo sugli esiti – c’è molta attesa.
L’incontro dell’Alleanza atlantica segna anche il primo vertice al quale prenderanno parte il presidente francese Macron e il presidente americano Trump – in questi giorni investito negli Usa dall’affaire Russiagate – e determinerà un confronto acceso, già ampiamente annunciato, sui budget di spesa che ogni alleato sarà chiamato a versare nei prossimi anni nelle casse della Nato. Un punto, questo, che sta creando non pochi mal di pancia internamente nei singoli Paesi, visto che l’attuale impegno di spesa di molti (Italia compresa) si aggira intorno a poco più dell’1% del Pil, mentre le pressioni di Trump puntano ad arrivare nei prossimi anni a un budget pari al 2%. Obiettivo per la verità già individuato dall’Italia nel corso del vertice del Galles del 2014. Tuttavia, come ricordano da via XX Settembre, oltre al contributo squisitamente economico esiste anche una valutazione sulla qualità degli impegni che il nostro Paese ha portato avanti nei teatri Nato. Inoltre, che l’approccio debba comunque essere più articolato è anche dovuto al fatto che in diversi Paesi alleati alcuni capitoli importanti di spesa per la Difesa non rientrano in realtà nel bilancio del ministero e quindi possono falsare il conto finale.
Il ripensamento necessario delle strategie e del supporto all’Alleanza atlantica dovrà conciliarsi con l’implementazione della difesa europea, tema legato a doppio nodo con la Nato, e che, dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, ha subito una virtuosa accelerazione, grazie anche all’attivismo italiano. Su Taormina invece la speranza dell’Italia è che non si dimostri solo una vetrina di leader internazionali, come si sono spesso rivelati gli ultimi G7, ma che, seppur diminuito il blocco dei Paesi dell’Ue (con l’uscita della Gran Bretagna), la questione migranti possa essere affrontata non come fenomeno circoscritto, ma come emergenza internazionale. In questo quadro, il nostro Paese, in virtù della sua esperienza in loco e dei contatti rinvigoriti di recente dal ministro Minniti, segnati anche dall’apertura dell’ambasciata a Tripoli, potrebbe svolgere un ruolo più attivo in Libia con il placet della comunità internazionale. D’altronde la stessa location scelta, di fronte al Nord Africa, punta a ricordare ai sette leader internazionali la priorità della sponda sud per la sicurezza del quadrante mediterraneo.