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Si è spesso sentito pronunciare il nome dell’Italia nel quartier generale della Nasa, mentre il comandante della Stazione spaziale internazionale affrontava quella che viene definita una “passeggiata” (ma che di passeggiata non ha nulla), fluttuando a 400 km dalla Terra. Luca Parmitano ha così iniziato la riparazione del cacciatore di antimateria, che lo vedrà impegnato in altre uscite come quella appena affrontata con successo. Per Luca è un’esperienza unica. Per il nostro Paese è un motivo di orgoglio, oltre ad essere un altro tassello che si va ad aggiungere al contributo che l’Italia fornisce alla Iss. Un orgoglio al quale aveva fatto cenno anche il presidente Mattarella, in collegamento dal Quirinale con l’astronauta italiano pochi giorni prima di questa complessa attività extraveicolare. Il collegamento di Luca era avvenuto a bordo del Columbus, realizzato in Italia, grazie alla nostra abilità nella creazione di moduli pressurizzati.

Un’eccellenza che ci riconoscono anche dagli Usa e che ha già portato a una prima intesa tra la Nasa e l’Asi (prima agenzia europea a farlo) per collaborare al programma Artemis, che farà tornare gli americani sulla Luna dopo 50 anni da Armstrong. Anche di questo si è discusso nella prima riunione (al tempo del governo giallo-rosso) del Comitato interministeriale per le politiche spaziali, per l’occasione presieduto da Conte. Nella quale si è messa a punto la strategia e il livello di ambizione in vista dell’appuntamento dell’anno: la ministeriale Esa, tante volte citata e ora a una manciata di giorni. Il nostro Paese vuole puntare alla crescita attraverso lo spazio, dando priorità a due ambiti come l’osservazione della Terra e i lanciatori. La partita è complessa e vede la messa in campo di interessi divergenti, a trazione francese ad esempio, e 12,5 miliardi di programmi su cui investire nel Vecchio continente nei prossimi tre anni. Industria, istituzioni e ricerca sono con fiato sospeso, perché dall’esito del vertice di Siviglia si apprenderà il peso dell’Italia in Europa.

Che lo spazio sia sempre più centrale lo dimostrano gli attivismi di Parigi (seguiti dall’annuncio fatto tempo fa dal presidente americano Trump sulla creazione di una Space force) nella costituzione di uno Space command all’interno delle proprie Forze armate. Anche da questo punto di vista e con il basso profilo che ci contraddistingue, l’Italia si sta muovendo per rafforzare e unificare le competenze e gli sforzi spaziali all’interno della Difesa. Un passaggio doveroso per non restare indietro rispetto agli alleati-competitor.