L’Italia, come il resto del mondo, è col fiato sospeso per le elezioni americane. Il prossimo 3 novembre sapremo se Donald Trump inizierà il suo secondo mandato o se Joe Biden diventerà presidente. Una scelta che condizionerà molti dossier interni e internazionali, compreso quello spaziale. Infatti, col succedersi degli inquilini alla Casa bianca, le strategie e gli obiettivi di esplorazione oltre l’atmosfera sono spesso vistosamente cambiati. Due esempi su tutti sono la chiusura del programma Apollo, fortemente valorizzato dal democratico John Kennedy (seppur ereditato dal suo predecessore Dwight Eisenhower) per risollevare gli Stati Uniti dal confronto con l’Urss e poi chiuso prematuramente dal repubblicano Richard Nixon.
Stessa sorte per le ambizioni americane sul Pianeta rosso, avanzate durante la presidenza Obama, ma accantonate a favore della Luna dall’arrivo alla Casa bianca di Donald Trump. Ora che l’Italia ha iniziato a sognare la Luna, ecco che si pone di nuovo il dilemma se il programma Artemis non sarà accantonato con la vittoria del democratico Biden. L’auspicio è che questo non avvenga, sia per gli ambiziosi piani che la Nasa ha in programma per il nostro satellite naturale, sia per i passi in avanti che il nostro sistema-Paese ha compiuto in direzione Luna. La partita per l’Italia vale oltre un miliardo di euro solo dal lato industriale, senza contare le ricadute sulla ricerca e sull’innovazione per le nostre Università e accademie. Si tratta di contribuire con moduli abitativi, telecomunicazioni e tecnologie abilitanti (in cui rientrano molti sistemi per le applicazioni più disparate), ambiti in cui il nostro Paese eccelle e che ci hanno portato alla firma di una dichiarazione d’intenti (unico caso europeo) tra il numero uno della Nasa Jim Bridenstine e il sottosegretario Riccardo Fraccaro.
Intesa che sarà seguita da ulteriori passi tra Nasa e Asi, e poi dalla firma degli Artemis accords, a breve, che definiranno i Paesi nella partita e i princìpi di collaborazione. Per partecipare al programma, l’Italia ha fatto una scelta di campo chiara, abbandonando la fornitura di un modulo abitativo per la nuova Stazione spaziale cinese e salendo di fatto sulla navicella americana. Il valore economico del progetto è più che mai significativo per il nostro Paese, e sarebbe un toccasana per l’industria dell’aerospazio, tanto più in un momento durissimo per la crisi dell’aviazione civile.