Dopo 45 anni ha concluso oggi la sua vita operativa l’Atlantic, il velivolo Antisom, in servizio al 41° Stormo dell’Aeronautica militare di Sigonella. Dopo essere stato per tanto tempo protagonista assoluto del teatro operativo mediterraneo, sarà sostituito dal P-72A di Leonardo, presentato oggi presso la base siciliana
Accade spesso nella storia dell’aviazione che un aeroplano s’identifichi con un’epoca, fin quasi a caratterizzarla. È un fenomeno comune a tutte le aeronautiche ed esprime un atteggiamento molto tipico di questo mondo, che tende a “personificare” quei mezzi che consentono di mettere in essere azioni, conseguire risultati, raggiungere obiettivi, nel rapporto strettissimo che l’equipaggio instaura con il suo mezzo, sentendolo parte di sé e al quale affida la sua vita. In sintesi, le caratteristiche, le prestazioni, il salto tecnologico e culturale che cammina di pari passo con l’introduzione di nuove macchine, il loro impiego, come la loro dismissione, hanno determinato e determinano di fatto quella caratterizzazione di cui abbiamo appena parlato e connotano in modo inequivocabile un periodo di vita e di storia aeronautica dopo l’altro.
A questa logica molto particolare non sfugge il Breguet Br 1150 Atlantic che ha concluso oggi la sua vita operativa presso il 41° Stormo di Sigonella dell’Aeronautica militare e che, quando entrò in linea nel 1972, in piena Guerra fredda, esprimeva una scelta dai molti significati, operativi, politici e industriali. C’è da dire che l’Atlantic non è un aeroplano esteticamente bello, non è nemmeno veloce, non consente di praticare manovre “mozzafiato”, tutto sommato non ha neanche un aspetto particolarmente aggressivo, pur essendo un aeroplano da “guerra” a tutti gli effetti, non ha in sintesi il fascino di un caccia. Eppure, è un velivolo di grande personalità che per 45 anni è stato il protagonista assoluto di un teatro operativo, il Mediterraneo, e ha svolto in modo eccellente la delicata missione di pattugliamento, ricerca e contrasto dei sommergibili nemici, segnando un’epoca e legandosi in modo indissolubile a generazioni di aviatori.
Protagonista assoluto, dunque, con qualche primato. Primo aeroplano espressamente progettato per il tipo di missione a cui sarebbe stato destinato, perché il Br 1150 nasce come aeroplano anti sommergibile e non è un velivolo da trasporto adattato a svolgere la particolare attività, come spesso accade in questo ambito. È inoltre, uno dei primi esempi di cooperazione industriale europea nel comparto della difesa. L’aeroplano risponde infatti a una specifica della Nato che, nell’ottica della standardizzazione degli armamenti in uso nell’Alleanza, emise, nel 1958, un requisito tecnico per un bimotore da pattugliamento marittimo ognitempo e a lungo raggio. Nel 1959 l’Atlantic risultò la migliore delle 25 proposte avanzate da società europee e la titolare del progetto, la Société anonyme des atelier d’aviation Louis Breguet fu nominata capocommessa di una cordata di aziende europee che realizzarono il prodotto gestito dal consorzio multinazionale Secbat, appositamente costituito nel 1961.
Presi in assoluto, i numeri della produzione, se vogliamo, sono modesti: 87 macchine alle quali se ne aggiunsero 28 della “trance 2” negli anni 80 per le sole esigenze francesi. I primi 40 aeroplani furono consegnati alla Francia e alla Germania Federale nel 1965, quindi, a seguire, altri 20 alla Francia, nove ai Paesi Bassi. L’Italia entra per ultima nel programma con l’ordine di 18 velivoli, il primo dei quali consegnato nel 1972, all’88° Gruppo del 41° Stormo Antisom. I partner britannici, francesi, tedeschi e olandesi (la Gran Bretagna è parte del programma in quanto Rolls Royce è fornitrice dei motori, ma senza alcun ordine), riconoscono all’industria italiana una quota di partecipazione alla costruzione del velivolo pari al 23%. Questa, molto in breve, la storia di un aeroplano che ha volato per migliaia e migliaia di ore sul mare, 250mila per la precisione, antesignano di quei concetti d’interoperabilità e integrazione interforze largamente richiamati al giorno d’oggi, spesso a sproposito o senza convinzione, applicati invece nella quotidianità per 45 anni dagli equipaggi dei velivoli Atlantic. Equipaggi numerosi, 13 tra ufficiali e sottufficiali provenienti da Marina e Aeronautica, che senza tanti preconcetti, hanno saputo lavorare per decenni gomito a gomito con l’unico scopo di portare a termine con successo la missione assegnata e applicando, probabilmente “solo” con la sensibilità del caso, quei principi di “Crew resource management” molto prima che divenissero una disciplina diffusa nella gestione dell’operato degli equipaggi numerosi.
Così l’Atlantic, chiamato dai piloti e dagli specialisti che lo hanno impiegato un “padre di famiglia”, perché ha sempre riportato a casa tutti, anche dopo voli lunghi, complicati, in condizioni meteo difficili, ha marcato la “sua” epoca aeronautica in modo significativo. Ora passa il testimone a un nuovo mezzo, il P-72A di Leonardo, di cui la Difesa ha acquisito quattro esemplari (il primo consegnato lo scorso anno). Il P-72A dovrà soddisfare esigenze e affrontare emergenze in parte diverse rispetto a quelle che si trovò di fronte l’Atlantic agli inizi degli anni 70. Alcune sono sotto gli occhi di tutti. La minaccia, lo sappiamo, ha cambiato connotazione e anche sul mare si esprime diversamente e in modo meno definito che in passato. La struttura della base siciliana di Sigonella, da dove continuerà a operare il 41° Stormo con i nuovi pattugliatori marittimi – ma da dove operano anche i Predator del neo costituito 61° Gruppo – e la presenza di un 37° Stormo caccia a Trapani indicano come l’attenzione dell’Aeronautica militare, e della Difesa in generale, sia alta in questa parte della nostra Penisola così protesa nel Mediterraneo.