25 anni da Desert Storm

Di Lodovica Palazzoli

Si è tenuta al Centro Congressi Frentani di Roma la Tavola Rotonda “25 anni dalla Guerra del Golfo, una storia dimenticata” organizzata dall’Aeronautica Militare e il CESMA (Centro Studi Militari Aeronautici Giulio Douhet). Un incontro di approfondimento sul conflitto nel Golfo Persico, che è divenuto scenario anche della prima apparizione ufficiale del neo Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Enzo Vecciarelli.
Alla conferenza, moderata da Francesco Giorgino, giornalista del Tg uno, sono intervenuti anche il generale Mario Arpino, il generale Antonio Urbano e il professore Gregory Alegi, esperto di storia dell’Aeronautica Militare. Molti anche i reduci di guerra, che hanno raccontato la propria testimonianza. L’incontro ha così permesso di rivivere momenti, decisioni ma anche il clima di quei giorni così particolari per l’Aeronautica, che si trovava a intervenire in un conflitto reale per la prima volta dal termine della Seconda Guerra Mondiale.
Molto accurata è stata l’analisi del percorso iniziato con la risoluzione 678/1990 delle Nazioni Unite, legittimazione per un conflitto in cui entrò anche il nostro Paese. Il generale Arpino, all’epoca Capo dell’Unità di Coordinamento Aereo di Riyadh, in Arabia Saudita, ha descritto le delicate fasi strategiche e militari, che portarono al ri-schieramento dei cacciabombardieri Tornado italiani nella base di Al Dhafra e all’avvio dell’Operazione Locusta. La Guerra del Golfo, iniziata alla mezzanotte del 17 gennaio 1991, dopo il mancato rispetto iracheno dell’ultimatum ONU, prese il via alle 00:45. Oltre 200 i velivoli della coalizione internazionale che furono impiegati, circa 1.100 le sortite aeree d’attacco partite solo quella prima notte, più di trenta i paesi coinvolti sotto la guida degli Stati Uniti. Questi i numeri dell’azione che passò alla storia con il nome di Desert Storm.
Il racconto di quel conflitto inaspettato, ma con una proiezione di potenza che non aveva precedenti negli oltre quarantanni di guerra fredda, ha toccato il suo apice nel momento in cui l’attenzione si è soffermata sulla sorte di Gianmarco Bellini e Maurizio Cocciolone, pilota e navigatore a bordo del Tornado abbattuto sopra i cieli del Kuwait, nella notte tra il 17 e il 18 gennaio. Il pubblico ha rivissuto, prima con l’ausilio di un filmato e poi con la testimonianza diretta del generale Bellini, intervenuto alla conferenza, quanto accaduto nella cabina del cacciabombardiere: “Quando abbiamo deciso di andare avanti, eravamo convinti di essere fortunati. Nonostante le condizioni della meteo, eravamo riusciti a fare rifornimento, perciò abbiamo deciso di andare avanti e completare la nostra missione. Tutto senza mai pensare che avrebbe avuto quesito”. E ancora le reazioni delle famiglie dall’Italia, come tra i colleghi in teatro operativo; l’incredulità, lo sgomento e poi la trepidazione per i due italiani caduti prigionieri di guerra nelle mani degli iracheni. Il 3 marzo, finalmente, la liberazione e l’abbraccio alle famiglie.
L’evento ha permesso di sottolineare come la Guerra del Golfo sia stata determinate per il futuro dell’Aeronautica Militare, rispondendo alle domande sulle modalità di impiego della Forza Armata e mettendo a fuoco quelli che erano i cambiamenti necessari a permetterle, nelle occasioni successive, un contributo ancor più prezioso, efficiente ed autonomo. Anche il settore della comunicazione ha risentito di questo, forte dell’esperienza maturata nel Golfo Persico. In tale frangente interessante è stato l’intervento di Paolo Di Giannantonio, inviato speciale del tg uno durante la guerra, che ha seguito il conflitto dall’inizio fino alla liberazione dei due ufficiali dell’Aeronautica. Un’iniziativa importante che ha riportato all’attenzione un conflitto che rischia di essere dimenticato troppo presto, soprattutto quando i riflettori del mondo continuano a essere puntati sul Medio-Oriente e sui suoi delicati equilibri.