Anche Inaf coinvolta nell’immagine del secolo

Di Michela Della Maggesa

C’è anche l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) coinvolto in quella che è stata definita la foto del secolo. Due ricercatrici dell’isituto, Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl, sono tra i protagonisti della rivoluzionaria osservazione del gigantesco buco nero nel cuore della galassia Messier 87, come parte del progetto BlackHoleCam. Un altro italiano, Ciriaco Goddi, è invece segretario del consiglio scientifico del consorzio Eht e responsabile scientifico del progetto BlackHoleCam.

L’Event Horizon Telescope (Eht) è composto da otto radiotelescopi ed opera su scala planetaria. Oggi, in una serie di conferenze stampa coordinate in contemporanea in tutto il mondo, i ricercatori dell’Eht hanno annunciato il successo del progetto, svelando la prima prova visiva diretta mai ottenuta di un buco nero supermassiccio e della sua ombra. L’immagine rivela il buco nero al centro di Messier 87, un’enorme galassia situata nel vicino ammasso della Vergine, che dista 55 milioni di anni luce dalla Terra e ha una massa pari a 6,5 miliardi e mezzo di volte quella del Sole.

“Quello che stiamo facendo è dare all’umanità la possibilità di vedere per la prima volta un buco nero – una sorta di ‘uscita a senso unico’ dal nostro universo”, spiega il direttore del progetto Eht Sheperd Doeleman del Center for Astrophysics della Harvard University. “Questa è una pietra miliare nell’astronomia, un’impresa scientifica senza precedenti compiuta da un team di oltre 200 ricercatori”. I buchi neri sono oggetti estremamente compatti, nei quali una quantità incredibile di massa è compressa all’interno di una piccola regione. La presenza – spiega Inaf – di questi oggetti influenza l’ambiente che li circonda in modo estremo, distorcendo lo spazio-tempo e surriscaldando qualsiasi materiale intorno.

“Se immerso in una regione luminosa, come un disco di gas incandescente, ci aspettiamo che un buco nero crei una regione scura simile a un’ombra, un effetto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein che non abbiamo mai potuto osservare direttamente prima”, aggiunge il presidente dell’Eht Science Council Heino Falcke della Radboud University, nei Paesi Bassi. “Quest’ombra, causata dalla curvatura gravitazionale e dal fatto che la luce viene trattenuta dall’orizzonte degli eventi, rivela molto sulla natura di questi affascinanti oggetti e ci ha permesso di misurare l’enorme massa del buco nero di M87”.

Le osservazioni dell’Eht sono state possibili grazie alla tecnica nota come Very-Long-Baseline Interferometry (Vlbi) che sincronizza le strutture dei telescopi in tutto il mondo e sfrutta la rotazione del pianeta per andare a creare un enorme telescopio di dimensioni pari a quelle della Terra in grado di osservare ad una lunghezza d’onda di 1,3 mm. La tecnica Vlbi permette all’Eht di raggiungere una risoluzione angolare di 20 micro secondi d’arco.

I telescopi che hanno contribuito a questo risultato sono Alma (66 antenne), Apex, il telescopio Iram da 30 metri, il telescopio James Clerk Maxwell, il telescopio Alfonso Serrano, il Submillimeter Array, il Submillimeter Telescope e il South Pole Telescope. L’enorme quantità di dati grezzi ottenuta dai telescopi è stata poi ricombinata da supercomputer altamente specializzati ospitati dal Max Planck Institute for Radio Astronomy e dal Mit Haystack Observatory.

La costruzione dell’Eht e le osservazioni annunciate oggi rappresentano il culmine di decenni di lavoro osservativo, tecnico e teorico. Tredici istituzioni partner hanno lavorato insieme per crearlo, utilizzando sia le infrastrutture preesistenti che il supporto di diverse agenzie. I principali finanziamenti sono stati forniti dalla US National Science Foundation (Nsf), dal Consiglio europeo della ricerca dell’Ue (Erc) e da agenzie di finanziamento in Asia orientale.

“Abbiamo raggiunto un risultato che solo una generazione fa sarebbe stato ritenuto impossibile”, aggiunge Doeleman. “I progressi tecnologici e il completamento dei nuovi radiotelescopi nell’ultimo decennio hanno permesso al nostro team di assemblare questo nuovo strumento, progettato per vedere l’invisibile”.