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Si susseguono le celebrazioni per i 70 anni della Nato, The North Atlantic Treaty Organization. Intanto, a Washington, dove i ministri degli Esteri dei primi 12 Paesi hanno firmato nel 1949 il trattato fondativo, la Nato Defense College Foundation ha tenuto la conferenza di alto livello Nato at 70: Refocusing for Change? Il primo evento oltreoceano della Fondazione ha riunito tra i più rilevanti esponenti americani ed europei del “decision shaping” per discutere lo stato di salute dell’Alleanza, l’evoluzione del panorama strategico mondiale e soprattutto quali prospettive per le politiche di sicurezza e difesa.

“È evidente che il mondo sta cambiando velocemente e non è più possibile vivere di glorie passate. Lo scenario internazionale sta diventando sempre più complesso e occorre pensare a un rinnovamento strutturale delle alleanze transnazionali. La frammentazione è pericolosa e, oggi più che mai, servono dei security provider in grado di contribuire ad una governance globale”. Ha dichiarato l’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, presidente della Nato Defense College Foundation, sottolineando la necessità di approfittare di un anniversario così importante per riflettere sulle mutazioni profonde del panorama geopolitico globale e sugli adattamenti interni ed esterni che una grande alleanza quale la Nato deve mettere in atto.

Nonostante gli attacchi politici da diverse parti, oggi la Nato gode di un consenso del 75% tra gli americani e di cifre altrettanto positive tra gli europei. Si fa sapere all’evento (a cui hanno collaborato l’Atlantic Council, Philip Morris International, Leonardo, Mbda, il Nato Defense College e la National Defense University), dove diverse volte l’Italia è stata menzionata come elemento importante per la coesione interna all’Alleanza e come attore chiave per affrontare i problemi della Regione Sud della Nato: instabilità, migrazione irregolare, terrorismo, traffici illegali.

E’ innegabile che l’Alleanza debba ridefinire valori e obiettivi comuni, così come rivedere le sue strategie dopo l’ultimo Concetto Strategico 2010. A tal proposito, durante la conferenza, chiusa dall’ex segretario di Stato Madeleine Albright, si è parlato di considerare apertamente la questione della Cina; investire nelle dimensioni emergenti del cyber e dello spazio; dividere meglio i compiti strategici tra alleati in Europa e nell’Indo-Pacifico; avere Marine di paesi europei in missione per affermare la libertà di navigazione nei punti caldi del Pacifico e allocare nuove risorse nei partenariati arabi e asiatici, tra cui l’India. “Stiamo andando verso un mondo in cui gli Stati Uniti e i loro alleati non potranno più essere gli unici fornitori di sicurezza. Occorre creare le capacità tecniche e finanziarie perché altri organismi possano fare ciò che la Nato ha fatto”, ha affermato Charles Kupchan, senior fellow del Council on Foreign Relations.

Tra i temi sul tavolo anche il “burden sharing”.  Anthony Cordesman, titolare della Cattedra Arleigh A. Burke, Center for Strategic and International Studies, ha detto chiaramente che il criterio del 2% è inutile, controproducente in termini di efficacia e politicamente dannoso. Servono nuovi parametri basati sulle capacità espresse e non sulla spesa nominale. “Non si basa la valutazione di un’alleanza sulla sua spesa militare. Non è possibile forzare gli alleati perché arrivino a spendere il 2% senza prima cambiare la loro struttura difensiva. Noi dobbiamo essere onesti e smetterla d’intimidire gli alleati con la questione della ripartizione delle spese e stabilire una valutazione realistica della minaccia”.

“Sono fermamente convinta che la Nato sia ancora importante e dobbiamo assicurarci che continui a funzionare al meglio. Dobbiamo lavorare fianco a fianco con i paesi membri, con i nostri alleati, tenendo a mente che tutto ciò che accade nel mondo finisce per essere intimamente interconnesso. È necessario spiegare alle persone, e in particolare negli Stati Uniti, che le cose che accadono all’estero hanno ripercussioni su ognuno dei nostri paesi, e l’unico modo per affrontarle è insieme ad alleati forti. A settant’anni tanto le persone quanto le istituzioni hanno bisogno di un rinnovamento. Le nuove generazioni di politici avranno occasione di rinnovare le nostre promesse nel corso dell’ottava decade”. Chiosa Madeleine Albright.