Pubblichiamo l’analisi di Filippo Capuano, pilota comandante, investigatore aeronautico e già presidente dell’Associazione per la sicurezza al volo
Discutere oggi di automazione potrebbe sembrare superato. La tecnologia è penetrata nella vita di tutti i giorni e diventa sempre più difficile farne a meno. Studiosi ed esperti ne tessono le lodi, tuttavia, il rapporto dell’uomo con le macchine diventa sempre più rischioso, soprattutto in settori molto avanzati dell’industria. Alcuni gravi disastri, non soltanto aeronautici, hanno avuto come causa principale e spesso come concausa il rapporto intercorrente tra l’uomo e l’automazione. La tecnologia è al servizio dell’uomo, ma per poterlo essere deve avere caratteristiche amiche ed essere sostituibile in ogni momento dall’azione dell’uomo. Negli ultimi l’industria aeronautica ha prodotto aerei sempre più sofisticati.
Ormai. la tecnologia Fly-By-Wire ha definitivamente sostituito le vecchie tecniche costruttive i comandi di volo non sono più azionati da cavi. Le decine e decine di strumenti che affollavano la cabina di pilotaggio hanno lasciato posto ad un’architettura del cockpit dove le informazioni sono trasmesse attraverso monitor. I vantaggi economici che derivano da queste scelte sono innumerevoli e non riguardano soltanto la riduzione dei consumi di carburante, da sempre cospicua voce di bilancio delle compagnie aeree, ma anche altri aspetti, e certamente quello che riguarda l’addestramento dei piloti.
Qualche decennio fa erano necessari quattro mesi di addestramento per imparare a pilotare un Boeing 707. Oggi, grazie all’automazione avanzata, un pilota completa in appena dieci giorni il corso di pilotaggio su un B777 e senza alcun dubbio si tratta di un notevole risparmio. A prima vista, quindi, sembrerebbe che dall’automazione provengano solo e indiscutibili vantaggi. Tuttavia, gli incidenti aeronautici, ferroviari e delle centrali nucleari, hanno dimostrato e continuano purtroppo a dimostrare, come i risparmi conseguiti dall’applicazione di potenti programmi informatici sono stati pagati a caro prezzo.
Disastri come quello accaduto a un A310 a Kathmandu (1992), in Nepal, o quello di un B757 a Calì (1995), Colombia, o dell’Airbus 320 a Strasburgo-Entzheim (1992) sono stati i primi che hanno testimoniato il cambiamento delle tecniche costruttive e delle modalità di pilotaggio. Gli incidenti succedutisi da allora, spesso frettolosamente archiviati come errori dei piloti, e più recentemente quelli che hanno interessato i B737 Max, sollecitano una presa di coscienza di come l’automazione avanzata possa diventare un formidabile nemico e un problema di sicurezza che non lascia scampo. L’elettronica è in grado di sostituirsi al pilota, scacciandolo dalla cabina di pilotaggio. Piloti esperti ed addestrati, familiari con l’ambiente circostante, hanno commesso errori banali e così macroscopici che in cockpit tradizionali difficilmente avrebbero commesso. L’automazione ha generato una nuova tipologia di incidenti ponendo sul tappeto la necessità di meglio stabilire il rapporto tra l’uomo e la tecnologia che costruisce.
Pilotare aerei Fly By Wire e Glass Cockpit significa apprendere e applicare un metodo di volo nuovo, che si concretizza nel favorire il passaggio da un ruolo di pilotaggio per così dire attivo, che esplicando un controllo continuo su decine di parametri consente di determinare le scelte necessarie per la prosecuzione del volo, ad un altro quasi passivo, da programmatore e supervisore di sistemi completamente automatici, dove l’avanzatissima tecnologia determina in proprio la maggior parte delle scelte necessarie.
Mentre da un lato il pilota di un aereo convenzionale decide l’azione e agisce sui comandi secondo una formula pilot-control-aircraft, dall’altro lato, il pilota fly by wire si trova a dover sorvegliare la corrispondenza tra l’azione precedentemente programmata o comunque voluta e quella realmente effettuata dall’aereo, secondo una formula pilot-autoflight system-control-aircraft. L’autoflight system è un agglomerato di hardware e software avanzato dove opera un complesso insieme di sottosistemi per lo più sconosciuti e invisibili ai piloti. Rispetto all’aereo convenzionale che fornisce una risposta immediata e visibile dell’azione che si comanda, dove tutto risulta in primo piano, l’aereo fly by wire induce i piloti ad un lavoro di monitoraggio e vigilanza sulle azioni programmate. Una sorveglianza realizzata tramite gli schermi del glass cockpit e un linguaggio codificato uomo-macchina-uomo che mostra lo stato dell’arte o il cambiamento programmato.
Gli accorgimenti costruttivi sono stati tali da produrre aerei con una buona insonorizzazione, rendendo meno immediata la percezione del movimento dell’aereo nello spazio. Se il glass cockpit degli aerei ha consentito di ridurre i tempi di addestramento, dall’altro ha spalancato le porte all’esigenza di apprendere un modello mentale di comportamento per il quale nessun addestramento è abbastanza e dove solo un adeguato tempo di permanenza sull’aereo può contribuire ad aiutare, non certamente a risolvere, le problematiche di adattamento ad un nuovo quanto diverso modello mentale di pilotaggio. Nell’aereo glass cockpit alcune qualità proprie del pilota, skill consolidate da sempre, sono prepotentemente rimessi in discussione dall’automazione avanzata, che appare docile e controllabile, ma dai risvolti invece pericolosi ed inaspettati.
Volare con un aereo fly by wire significa far propria la convinzione che i comandi, i pulsanti, le leve, le manopole, sono degli attivatori di programma, interruttori di processo. Significa capire senza alcun dubbio che l’architettura del cockpit, semplice nella sua presentazione, in realtà nasconde complesse soluzioni d’ingegneria, decine e decine di sottosistemi che obbediscono a logiche sconosciute e non scritte sui manuali di volo a disposizione dei piloti. Significa ancora credere che un computer sia in grado di rilevare e diagnosticare correttamente un’avaria, suggerendo le azioni più opportune per la sua risoluzione. Ciò che si vede sugli schermi del glass cockpit ha bisogno di una buona dose di diffidenza.
L’elettronica ha permesso all’aviazione di raggiungere livelli di automatismo fantastici e impensabili ed è grazie all’automazione che è stato possibile progettare profili di volo all’interno dei quali l’aeroplano si auto protegge dal superamento di parametri fondamentali di volo, quali l’assetto, la bassa e alta velocità, gli eccessivi angoli di virata. Per quanto avanzata l’automazione sia è comunque intelligenza artificiale e quando non agisce come previsto, il pilota rischia di cadere in uno stato confusionale e di disorientamento dal quale può uscire solo riprendendo a governare l’aereo con gli schemi basici di pilotaggio, purché l’automazione glielo consenta. Altrimenti è un disastro.