Aerospazio e supply chain, gap e sfide per il Mezzogiorno

Di michele

Il settore dell’aerospazio è un driver di crescita per l’economia italiana. Ma come si può favorire una partnership virtuosa fra i giganti del comparto e la miriade di Pmi che costituiscono la filiera produttiva? Quali sono le caratteristiche che i fornitori devono avere per essere presi in considerazione dai big del settore? E soprattutto che supporto ci si aspetta dal territorio e dalle istituzioni?

Queste sono alcune domande alle quali ha provato a rispondere il convegno “The supply game. Competitività, partnership, valore”, organizzato presso l’Unione industriali di Napoli dalla società Dema, azienda campana fondata da Vincenzo Starace e specializzata nelle aerostrutture complesse, per festeggiare i suoi primi 25 anni di attività. Durante la mattinata i protagonisti dell’Aerospazio italiano hanno messo a fuoco le competenze ma anche le carenze della filiera produttiva nostrana, analizzandola dal punto di vista della ricerca, da quello finanziario, da quello dei big e infine dal punto di vista dei partner-fornitori. Si sono alternati sul palco imprenditori e manager, ma anche rappresentanti delle istituzioni e del mondo finanziario, senza i quali le richieste del tessuto imprenditoriale rimarrebbero àfone.

 Il tema della supply chain in campo aerospaziale è particolarmente sentito al Mezzogiorno, questo perché gran parte della filiera si trova in Campania e in Puglia. L’obiettivo dell’evento, mettere intorno a un tavolo tutti i volti del comparto, era stato già in parte raggiunto con l’adesione dell’amministratore delegato di Leonardo Alessandro Profumo e il presidente di Boeing Italia Antonio De Palmas. Due portabandiera delle grandi aziende nell’aerospazio che a Napoli hanno riconosciuto l’importanza di una collaborazione franca e leale con la catena di fornitura, e al tempo stesso hanno sottolineato l’esigenza per player del loro calibro di alti standard qualitativi, manageriali e tecnici, pena la sconfitta di fronte alla disruption tecnologica da una parte e alla sempre più agguerrita concorrenza proveniente dai mercati orientali dall’altra.

 Leonardo con il programma Leap 2020 ha investito nella catena di fornitura per valorizzare i partner soprattutto presenti al sud: “Siamo convinti della bontà di un sistema in cui le piccole imprese diventano medie e le medie diventano grandi – ha spiegato nel corso del suo intervento Alessandro Profumo – oggi la mobilità dimensionale è importante almeno quanto quella sociale – ha spiegato – è una sfida urgente in Italia, dove nascono tantissime piccole imprese, ma solo poche riescono a diventare medio-grandi”. L’ad di piazza Monte Grappa ha sottolineato le “eccellenze tecniche e ingegneristiche” su cui fa perno la catena di produzione italiana, e al tempo stesso ha riconosciuto le sue lacune: “Anzitutto la frammentazione e la sottocapitalizzazione, poi la scarsa presenza internazionale e talvolta insufficienti capacità manageriali”. Anche per questo, ha continuato, “stiamo lavorando con Leonardo per mettere in piedi dei sistemi di supporto formativo con il sistema Èlite della Borsa Italiana per favorire l’internazionalizzazione”.

 Tre sono le sfide principali cui deve far fronte la supply chain italiana secondo il presidente di Boeing Italia, Antonio De Palmas. “La prima concerne il metodo di produzione, che negli ultimi anni ha subìto un cambiamento radicale. La domanda è in continua crescita, e per di più oggi fra i clienti civili come fra quelli militari prevale la filosofia del more for less, vogliono lo stesso valore e la stessa efficacia, ma a un prezzo costante o minore”. C’è poi una sfida squisitamente geopolitica: “Cambia la geografia della supply chain, la nostra si è formata in Usa e in Europa, perché fino a 10 anni fa erano soprattutto questi i clienti, oggi i mercati guardano sempre più a Oriente”. Di qui la terza sfida: “La disruption tecnologica costringe le aziende a un continuo adattamento, oggi chi non ha un software rischia di rimanere fuori dal mercato, e un domani i software saranno cannibalizzati dall’Intelligenza artificiale”.

Quali sono invece le richieste delle centinaia di imprese che costituiscono la supply chain del comparto? La risposta è stata affidata a tre aziende-chiave della filiera: Dema, ALA e Magnaghi Group, che attraverso un confronto sull’Identikit del fornitore modello (formato da sei caratteristiche-chiave: la specializzazione in un prodotto di eccellenza; l’internazionalizzazione; il fare rete; la solidità finanziaria; ilmanagement adeguato e l’organizzazione lean), hanno tracciato la storia di successo delle proprie aziende, avviando un percorso utile per le tante Pmi che ancora devono crescere e migliorare. “Abbiamo l’ambizione di diventare partner dei grandi player prima ancora che fornitori” ha spiegato Fabrizio Giulianini, che dopo un passato in Leonardo a luglio è stato nominato presidente di Dema. “Talvolta il mondo finanziario nazionale sembra poco disposto a correre dei rischi – ha invece spiegato il presidente di Magnaghi Group, Giorgio Zappa – le esperienze di Dema e Magnaghi dimostrano invece la fiducia dei fondi internazionali nella supply chain italiana”. Il vicepresidente esecutivo di ALA, Vittorio Genna ha posto l’accento su alcune dinamiche della supply chain italiana: “Noi per conto di Leonardo trattiamo più di 2mila fornitori, sono piccole aziende che non sempre riescono a seguire i piani di produzione. Quel che di solito è un plus, avere un territorio ricco di Pmi, può trasformarsi in un minus, perché non sono sufficientemente organizzate. Il ruolo di Ala è quello di creare un filtro organizzativo per il cliente finale”. Fabrizio Giulianini ha anche esortato gli attori del settore aeronautico a fare-sistema: “Piccole, medie e grandi aziende devono mettersi in rete per poter fornire alle istituzioni le linee-guida per una nuova politica industriale e capitalizzare le esperienze per competere con i nuovi attori industriali dei mercati emergenti”.

La parola d’ordine per il comparto aerospaziale è quindi “fare-sistema”. Solo così si può reggere il confronto con la pressione competitiva proveniente da altri mercati, specie quelli del “Far East”. Di qui l’esigenza riscontrata dal presidente del Distretto aerospaziale campano, Luigi Carrino “di creare una rete virtuosa che unisca il mondo universitario e della ricerca a quello industriale”. “È necessario – ha spiegato Carrino, che è al suo terzo mandato alla guida del Dac – abbattere il muro che divide le imprese dal mondo della ricerca, le università devono essere il principale alleato del mondo industriale”. Il presidente del Distretto aerospaziale pugliese, Giuseppe Acierno (da molti anni alla guida della realtà regionale) ha parlato dei progetti di ricerca e sviluppo portati avanti con le università, l’industria e i partner internazionali: “La crescita del settore aerospaziale  – ha spiegato Acierno – non porta solo beneficio alla bilancia dei pagamenti pugliese, ma garantisce la crescita della competitività globale”. A questo si aggiunge il bisogno, espresso senza troppi giri di parole da tutti gli esponenti delle Pmi presenti all’appuntamento, di un più aperto sostegno delle istituzioni, rappresentate all’evento dall’assessore alle Attività produttive della Regione Campania, Antonio Marchiello e da quello allo Sviluppo economico della Regione Puglia, Cosimo Borraccino.

“È necessario un supporto dal mondo istituzionale” ha spiegato in chiusura Fabrizio Giulianini di Dema, che ha varato da poco un ambizioso piano per il suo rilancio industriale, realizzato grazie all’intervento del fondo di investimento inglese Bybrook Capital e della banca d’affari americana Morgan Stanley: “È importante clusterizzare le aziende del settore e fare del concetto di ecosistema una priorità, Dema è ben lieta di mettere in rete le proprie competenze per contribuire alla creazione di un’aggregazione di aziende italiane che possano competere all’estero”.

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