Al via la terza fase della strategia di Obama nel Pacifico

Di Stefano Pioppi

Di fronte alle crescenti minacce ai propri interessi in Asia e nel Pacifico, gli Stati Uniti rafforzano il rapporto con uno dei maggiori alleati nella regione, la Corea del Sud. A preoccupare Washington non sono solo i test missilistici del regime nordcoreano di Kim Jong-un, ma anche l’assertività che Pechino conserva nella disputa del mar cinese meridionale. A queste (ormai tradizionali) preoccupazioni, si aggiunge il desiderio del Dipartimento della Difesa (DoD) americano di potenziare le proprie capacità difensive e offensive nel cyber-dominio, volontà risvegliata anche dal dibattito tra i candidati alle prossime presidenziali. Per queste ragioni, la visita a Washington dei ministri degli esteri e della difesa sudcoreani Yun Byung-se e Han Min-koo ai colleghi americani John Kerry e Ash Carter, si è conclusa proprio con la firma di un accordo per il potenziamento della cooperazione in ambito marittimo e cibernetico.

I particolari di questo accordo sono stati resi noti da una conferenza stampa congiunta tra il segretario Carter e il collega Han Min-koo al Pentagono, successiva al “2+2 meeting” che era precedentemente andato in scena al Dipartimento di Stato. Stati Uniti e Corea del Sud hanno deciso di aumentare gli investimenti destinati alla cooperazione marittima, alle capacità cyber e ad esercitazioni militari che coinvolgano anche il Giappone. Il Pentagono ha già definito la strategia “la terza fase” del ribalanciamento di Obama, intendendo l’orientamento della proiezione internazionale verso il Pacifico che il presidente aveva inaugurato già nella sua prima presidenza, quando l’allora segretario di Stato Hillary Clinton aveva promosso il cosiddetto pivot to Asia.

“Mai come prima, le azioni e le politiche della Corea del Nord sono tra le nostre prime preoccupazioni”, aveva detto il segretario di Stato Kerry. E certamente, per Seul, proprio Pyongyang resta la principale minaccia alla propria sicurezza. Solo pochi giorni fa, è stato registrato un nuovo fallimento di lancio da parte della Corea del Nord di quello che pare essere stato un missile Musudam (missile balistico di raggio intermedio). “Conducono questi lanci per ragioni politiche e attraverso i fallimenti mostrano i loro limiti. Personalmente credo che continueranno sebbene ciò non sia confermato”, ha detto il ministro Han durante la conferenza stampa con Carter. Di certo però non si può minimizzare il potenziale di Pyongyang, soprattutto dopo il successo del test nucleare di settembre. “La Corea del Nord è un regime instabile”, ha riconosciuto Han. “Come estensione dell’applicazione di pressione e sanzioni, attraverso operazioni psicologiche, abbiamo intenzione di esporre la Corea del Nord alle realtà del mondo esterno”, ha spiegato il ministro della Difesa di Seul. E Ash Carter ha tenuto a rassiruare il collega, arrivando a minacciare non tanto velatamente il regime nordcoreano: “non solo ogni attacco all’America o ai nostri alleati sarà abbattuto, ma anche ogni ricorso ad armi nucleari determinerà una risposta schiacciante ed efficace”.

I due vertici della Difesa hanno anche stabilito la creazione di una task force bilaterale che permetta di individuare le aree in cui approfondire la cooperazione nel cyber-spazio. A ciò si aggiunge la formazione di un team di ricerca integrato a cui spetterà il compito di definire la cooperazione in ambito marittimo. Han e Carter hanno poi annunciato il rafforzamento dell’intesa trilaterale con il Giappone, che dovrebbe concretizzarsi effettivamente nel 2017. “Continueremo a condurre esercitazioni di allarme missilistico, di search-and-rescue, e di estradizione marittima”, ha spiegato il segretario alla Difesa americano. “Ci sono molteplici aree in cui la cooperazione navale può rafforzare l’alleanza nell’abilità di rispondere a provocazioni e conflitti”, ha proseguito Carter con implicito ma comunque evidente riferimento a Pechino.

Presenti in Corea del Sud con 27.500 soldati, gli Stati Uniti chiudono la presidenza Obama consolidando i rapporti con i principali partner nella regione del Pacifico. Nonostane le indiscrezioni rivelate dall’agenzia d’informazione giapponese Kyodo, secondo cui il vice ministro degli esteri nordcoreano Han sun-Riol si sarebbe recato in Malesia per incontrare rappresentanti statunitensi, il regime di Kim Jong-un rimane una minacccia per gli interessi strategici di Washington. Con l’accordo nucleare iraniano, la guerra civile siriana e la caduta dei regimi di Saddam in Iraq e di Gheddafi in Siria, la Corea del Nord resta ormai l’ultimo “stato canaglia” dal comportamento davvero imprevedibile, ancor più preoccupante per l’evidente tentativo di sviluppare armi nucleari. All’assertività di Pyongyang si aggiunge però anche quella di Pechino, per nulla intenzionata a fare passi indietro nella spinosa questione delle ricche acque del mar cinese meridionale. Washington di certo non vuole perdere terreno e conferma così il pivot to Asia che è stato cifra distintiva degli otto anni della politica estera di Obama.

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