Le attività spaziali – sottolinea Asi – offrono grandi benefici economici che non si fermano solo al comparto, ma si diffondono e circolano in modo significativo verso altre aziende e altri settori: sono gli ‘spillover tecnologici’, oggetto di studio della ricerca “Misure e rilevanza degli Spillover dalle industrie ad alta tecnologia, con particolare attenzione all’industria spaziale: il caso italiano”, condotta dall’Università di Bergamo e commissionata dall’Agenzia spaziale italiana, i cui risultati sono stati presentati oggi da Giancarlo Graziola e Annalisa Cristini nel corso di un convegno. L’indagine, partendo da un’analisi dei dati del periodo 1980–2011 relativa a 22 diversi settori dell’industria manifatturiera, ha evidenziato l’eccezionalità delle prospettive, gli effetti moltiplicativi del settore spaziale sugli altri e i forti aumenti di produttività portati nel tessuto economico del Paese. I risultati dimostrano che esistono spillover significativi tra diversi settori, con effetti rilevanti e maggiori rispetto al capitale di conoscenza interno, con rendimenti positivi ed elevati: tutto ciò segnala significative opportunità di investimenti.
Lo studio ha messo in luce che il settore spaziale ha un’elevata intensità di ricerca e sviluppo sul valore della produzione, pari a quasi il 12%, contro il 4% dell’hi-tech nel suo complesso. Importante è anche il dato della diversificazione tecnologica: le tecnologie spaziali sono molto diversificate (l’indice di eterogeneità tecnologica ha un valore molto alto) e quindi utilizzabili in settori diversi. Inoltre, l’indice di ricerca e sviluppo per addetto nel settore spaziale è di 30mila euro, nell’hi-tech circa 11mila. Un punto fondamentale, sottolineato nel corso del convegno, è la differenza tra trasferimento tecnologico, che fa riferimento a un ambito di mercato in cui la conoscenza si diffonde attraverso i brevetti, e gli spillover, sinonimo di circolazione di conoscenze tecnologiche al di fuori dei rapporti di mercato: con gli spillover le conoscenze non vengono vendute o acquistate, ma si muovono gratuitamente e così facendo stimolano la produttività anche in settori molto lontani l’uno dall’altro.
“Le università italiane sono piene di tesori – ha detto il presidente Asi, Roberto Battiston -, ma non hanno rapporti con l’industria, e invece è fondamentale che i due mondi si parlino. Vi assicuro che le eccellenze sono tante, ma industria e ricerca devono parlarsi. L’Asi, per sua natura, stimola i processi. Faremo da ponte ancora più che in passato perché il meglio di questi settori si interfaccino”. Anche Antonio Bartoloni, della direzione generale per la politica industriale, la competitività e le Pmi del ministero dello Sviluppo economico, ha sottolineato la necessità di maggiore interazione tra industria e ricerca, in particolare nel settore spaziale, motore dell’economia nazionale. Al convegno sono intervenuti anche Augusto Cramarossa, responsabile unità linee strategiche e rapporti europei di Asi, Simonetta Di Ciaccio, responsabile Asi dello studio, che hanno illustrato le attività di Asi nella valorizzazione dei benefici delle attività spaziali, all’interno delle quali si colloca lo studio commissionato all’Università di Bergamo.