Camporini: il caos Libia va affrontato da Ue e Onu

Di Michele Pierri

La gestione del caos libico, una delle fonti dell’emergenza immigrazione sulle coste italiane, meriterebbe da parte dell’Occidente ben altra strategia. A crederlo è Vincenzo Camporini, già capo di Stato Maggiore della Difesa, oggi vicepresidente dell’Istituto affari internazionali. Per l’alto ufficiale, “il calo d’investimento a cui sono sottoposti i nostri strumenti militari non garantisce più la riuscita di operazioni come quella necessaria a porre in sicurezza il Paese nordafricano”. Negli ultimi anni, a fronte di un lungo periodo di pace – denuncia il generale -, “molti hanno ritenuto di ridurre le spese di difesa, convinti forse che non fossero più necessarie. L’attualità ci dice il contrario”. La crescita del jihadismo, i morti in mare, la guerra alle porte non sono miraggi, ma problemi concreti, rimarcano gli analisti. Per questo, sottolinea ancora Camporini, servirebbe un cambiamento culturale, incoraggiato dalla politica. “I decisori, non solo quelli italiani, dovrebbero avere uno sguardo lungo e compiere scelte impopolari, ma inevitabili. Invece guardano all’orizzonte breve delle prossime elezioni”. Il tempo per correre ai ripari non è molto, anzi. Presto al nostro Paese potrebbe essere chiesto un impegno, anche militare, per pacificare la Libia. Ma con quale efficacia, viste le premesse? “Al momento – incalza l’esperto – non è ben chiaro quali risorse debbano essere impiegate in un potenziale intervento, né la natura di questa missione”. Il nodo, prosegue Camporini, è che le Forze Armate “sono uno strumento, non il fine”. Cosa fare dunque? Oltre a un adeguato sostegno al comparto, il vicepresidente dello Iai si aspetta “un’azione decisa da parte dell’Ue e dell’Onu, volta ad ascoltare le ragioni di tutti i contendenti sul terreno per giungere a un accordo”. Una visione che appartiene anche al ministro della Difesa Roberta Pinotti, tornata a spronare la comunità internazionale perché concentri sul dossier tutti gli sforzi. Solo così, conclude il generale, sarà possibile stabilizzare l’ex regno di Muammar Gheddafi.