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Vi proponiamo l’analisi sul sistema-Paese di Riccardo Procacci, amministratore delegato di Avio Aero, pubblicata sull’ultimo numero di Airpress (marzo 2019)

Con dodicimila dipendenti in Europa, di cui cinquemila in Italia, General Electric vanta una lunga storia di investimenti di successo nel nostro Paese. Il più importante fu il primo, fatto nel 1994 con l’acquisizione di Nuovo Pignone, un’azienda che all’epoca poteva essere definita di nicchia, una boutique per la tecnologia di cui disponeva, oggi una multinazionale (BHGE) quotata in borsa con un fatturato intorno ai 20 miliardi di dollari. Il gioco è piaciuto, ragion per cui, quando sei anni fa si è presentata l’occasione di investire in un’altra azienda (Avio Aero) con caratteristiche molto simili, elevato livello tecnologico e votata all’export, GE è stata ben contenta di procedere all’acquisizione.

Da quel giorno, il rapporto con l’Italia è stato, non sempre facile, ma sicuramente di successo, sia in termini delle interazioni con il Paese e le sue istituzioni, sia per quanto riguarda le relazioni con il tessuto produttivo nazionale. Il rapporto con le istituzioni è stato di dialogo continuo e ha sortito ottimi risultati. Il sostegno offerto ai nostri progetti ci ha permesso di finalizzare investimenti per 1 miliardo di dollari in cinque anni. Ne sono un esempio i due nuovi laboratori universitari nati grazie alla collaborazione con altrettanti partner storici: il Politecnico di Bari e il Politecnico di Torino. L’Apulia development centre for additive repair è nato per sviluppare procedure di riparazione per componenti di motori aeronautici mediante tecnologie additive; il Turin additive lab (Tal) è un laboratorio congiunto focalizzato sulla produzione additiva per una collaborazione di lungo termine su tematiche di ricerca strategiche per il settore aeronautico.

Questi nuovi progetti si aggiungono a realtà, ormai rodate, come il Great lab a Torino e l’Energy factory a Bari (Efb). Al nostro sito produttivo di Cameri (2.400 metri quadrati interamente dedicati all’additive manufacturing) si è aggiunta inoltre una nuova area di produzione additiva presso lo stabilimento di Brindisi. In questo scenario di investimenti, non mancano gli acquisti relativi a macchinari e impianti all’avanguardia, resi necessari per l’implementazione dei numerosi programmi fortemente innovativi che la strategia aziendale ha deciso di valorizzare negli ultimi anni. Penso al Catalyst, il primo motore completamente nuovo in oltre tre decenni nel mercato della business and general aviation e prodotto per più di un terzo in additive manufacturing. Per questo motore, Avio Aero cura l’intera progettazione e produce le trasmissioni di potenza e comando accessori e il combustore, oltre a occuparsi dei sistemi di controllo digitale del motore (Fadec). Oppure al GE9x, il motore che entrerà in servizio nel 2020 sul Boeing777x, un velivolo da 400 passeggeri, per cui produciamo l’intera turbina di bassa pressione – incluse le pale in additive manufacturing a Cameri – e la trasmissione comando accessori.

In tema di Brilliant factory abbiamo creato quattro nuove linee di produzione fortemente digitalizzate per realizzare parti di un motore di nuova generazione, il LEAP, in ragione di un ramp up estremamente significativo dei suoi volumi di produzione. In questo percorso, ci siamo trovati molto bene nella collaborazione con le Regioni, indipendentemente dalle rappresentanze politiche, sia al nord (a Torino abbiamo il nostro quartier generale), sia al sud, in Puglia e Campania, dove abbiamo importanti siti produttivi che impiegano oltre duemila persone.

Avio Aero è sottoposta alla normativa del golden power, e noi vediamo in ciò un valore, poiché ci permette di avere un tavolo ufficiale in cui discutere di strategie con la rappresentanza governativa, anche in relazione al ruolo di traino che l’azienda ha per l’aerospazio nazionale. Abbiamo la fortuna di trovarci a contatto con un tessuto di fornitori specializzati nella meccanica di precisione, i quali sostengono i nostri investimenti e sono traino e motore al nostro successo. Infine, abbiamo trovato una rete di università che ci ha seguito, non solo formando laureati che non sono secondi a nessuno al mondo, ma anche aiutandoci a proiettarci nel futuro. Abbiamo insieme avviato negli ultimi sei anni diversi master o corsi di specializzazioni in advanced manufacturing, con focus specifici sulla meccanica avanzata di precisione e sulla stampa tridimensionale, su cui abbiamo pochi rivali al mondo in termini di competenze e capacità produttiva.

Insomma, con oltre mille assunzioni in cinque anni, volumi produttivi cresciuti del 30%, e un portafoglio ordini ricco di nuovi programmi, siamo orgogliosi di poter raccontare una storia di successo per noi e per il nostro (un po’ bistrattato) Paese. Certamente ci piacerebbe e si potrebbe fare ancora di più. Per fare di più bisogna imparare a fare “sistema-Paese”, cioè mettere a fattore comune capacità e competenze per accelerare la crescita grazie alla creazione di nuove opportunità e maggiore competitività sui mercati internazionali, che sono, alla fine, l’unico giudice imparziale di quanto si fa. Ma per fare sistema bisogna volerlo. Quando ci si siede a un tavolo collaborativo, occorre avere il coraggio di pensare a quello che si ha l’opportunità di creare, non a quanto si potrebbe dover concedere nell’immediato. Una multinazionale come la nostra cresce creando collaborazioni globali. Sarebbe un peccato non riuscire a farlo con chi sta dietro l’angolo e parla la stessa lingua.