Cosa farà l’Italia in Niger e nel Sahel

Di Stefano Vespa

L’Italia modificherà il proprio impegno militare all’estero con una missione di addestramento delle forze del Niger, contribuendo così alla stabilità dell’area del Sahel. L’annuncio è stato fatto dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, al vertice francese convocato da Emmanuel Macron per la nascita del G5 Sahel, coalizione tra Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger. Gentiloni ha parlato della missione nell’ottica dell’interesse nazionale e per l’inizio bisognerà attendere il via libera del Parlamento previsto “nelle prossime settimane”, in pratica un’approvazione imminente visto lo scioglimento delle Camere per le elezioni politiche. Non ci sarà un aumento di militari, ma un diverso utilizzo del migliaio di uomini attualmente in Iraq: secondo Gentiloni “è possibile che una parte di queste forze non sia più indispensabile nel prossimo periodo”.

L’obiettivo del G5 Sahel è la stabilizzazione dell’area sia per gestire i flussi migratori sia in funzione antiterrorismo. L’operazione bilaterale con il Niger nasce anche perché quel Paese è interessato direttamente ai flussi migratori verso la Libia e, più in generale, secondo Gentiloni sostenere la nuova coalizione del Sahel è cruciale “per la stabilità del Mediterraneo e il contrasto ai flussi irregolari gestiti dai trafficanti di esseri umani”. Anche la cancelliera tedesca, Angela Merkel, lasciando il vertice ha rimarcato l’urgenza di affrontare “il terrorismo islamico che si propaga rapidamente” e per questo è importante il sostegno al Sahel. Il dispositivo militare congiunto del G5 Sahel comporta una spesa ingente: sui 500 milioni di dollari richiesti, l’Ue ne ha promessi 50, gli Usa 60, l’Arabia Saudita 100 e gli Emirati Arabi 30 milioni. Il presidente Macron ha inoltre annunciato che i 4mila militari francesi impegnati nell’operazione Barkhane, nel Sahel dal 2014, lavoreranno insieme con la nuova forza africana con l’obiettivo di “vincere contro i jihadisti già nella prima metà del 2018”.

Nel frattempo all’incontro di ieri 14 dicembre con Gentiloni e il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, i quattro Paesi di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) stanzieranno un contributo di 35 milioni di euro per il Fondo fiduciario per l’Africa che serviranno ai progetti che l’Italia sta seguendo in Libia: addestramento ed equipaggiamento della guardia costiera e della guardia di frontiera e centro operativo di soccorso in mare, che dovrebbe essere operativo entro il 2020. Le polemiche non mancheranno visto che i Paesi di Visegrad sono nettamente contrari alla ricollocazione degli immigrati: il compito di Juncker e di Gentiloni sarà quello di spiegare che i soldi non bastano, devono anche farsi carico delle loro quote di persone.

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