Perché cresce A4E, la lobby unica a Bruxelles

Di Gregory Alegi

Le grandi compagnie tradizionali e le low cost si alleano per dare vita ad Airlines for Europe, una lobby unica a Bruxelles. L’obiettivo non sono più i vettori del Golfo, ma le tasse, i grandi aeroporti e gli scioperi dei controllori di volo. Forse A4E non salverà le compagnie in crisi, ma di certo indica che ha sempre meno senso distinguere i vettori in base al prezzo dei biglietti.

Ha ancora senso distinguere tra compagnie aeree tradizionali e low cost? A rendere obbligatoria la domanda è la rapida affermazione di Airlines For Europe (A4E), l’associazione di categoria nata per raccogliere, sotto un unico tetto, le compagnie tradizionali, low cost, charter e regionali, sinora rappresentate da quattro diverse sigle con obiettivi spesso contrapposti: mantenere la regolamentazione, aprire il mercato, fare voli regolari senza avere diritti di traffico e così via. Distinzioni che, a quanto pare, oggi in Europa non contano più. A prendere atto della nuova situazione è stata l’Association of European airlines (Aea), storico baluardo delle compagnie di bandiera, nata nel 1952 come centro studi per iniziativa di Air France, KLM, Sabena e Swissair. (Per capire quanta acqua sia passata sotto i ponti, le prime due si sono fuse nel 2004, la terza ha chiuso nel 2001 e la quarta nel 2002.) Di fronte all’emorragia di iscritti verso A4E, il 22 novembre l’associazione ha deciso di cessare all’istante ogni attività pubblica e chiudere entro il 2016. Una decisione tanto radicale che sul suo sito non compare neppure la dichiarazione di autoscioglimento riportata dalla rivista Air Transport World. In questo, l’Aea giunge seconda.

La prima a fiutare l’aria è stata la European low fare airlines association (Elfaa), la più giovane delle quattro essendo stata creata nel 2003 per difendere gli interessi di un compartimento allora inedito. Di fronte alla migrazione dei propri iscritti verso A4E, il 31 agosto l’associazione si è messa in sonno e ha smesso di comunicare. Il sito non dice neppure se, come riferito dalla stampa, si sia dimesso il segretario generale John Hanlon, con Elfaa da oltre dieci anni. A ben guardare, prima di tutte si era mossa British Airways, che nell’ottobre 2015 aveva clamorosamente lasciato Aea per Elfaa, quasi a indicare che all’interno dell’International airline group (Iag), la low cost Vueling prevale ormai su British e Iberia. Di qui alla nascita della “lobby unica” il passo è stato breve. La nuova A4E – alla quale al momento non aderisce alcun vettore italiano – è già vicina al primo compleanno. È stata infatti presentata nel gennaio 2016, con una serie di obiettivi che una volta erano i cavalli di battaglia delle low cost: stimolare la crescita abbassando le tariffe aeroportuali (che secondo A4E dal 2005 sarebbero cresciute dell’80% nei 21 maggiori aeroporti, contro un calo del 20% dei biglietti), rimuovendo le tasse “irragionevoli” (tra le quali citano i 2,50 euro a biglietto aggiunti – ma già rimangiati – dal governo Renzi) e adottare misure per limitare le conseguenze degli scioperi dei controllori di volo. Nessuna critica agli incentivi che gli scali secondari riservano alle compagnie (tipicamente low cost) disposte a usarli.

Più che nell’agenda liberista, la sorpresa sta nel fatto che i tre maggiori gruppi europei (Air France KLM, IAG e Lufthansa) si siano uniti a easyJet e Ryanair. Poiché in un passato anche recente queste grandi compagnie avevano fatto la guerra alle low cost, è opportuno chiedersi il perché di un cambiamento tanto radicale e quali possano esserne le conseguenze. Una prima risposta sembra essere che, a prescindere dalle tariffe, easyJet e Ryanair sono ormai a tutti gli effetti grandi compagnie e si sono guadagnate il diritto di sedere allo stesso tavolo.

Simmetricamente, le compagnie tradizionali sembrano aver deciso che, non potendo sconfiggere il nemico, sia meglio allearsi con esso – o, almeno, cercare un avversario comune. Il fatto che questo non sia più identificato nei vettori del Golfo (come Emirates, Etihad e Qatar) ma nei grandi aeroporti, la cui tariffazione passa per accordi tra ministeri e gestori, indica come le low cost abbiano saturato gli scali secondari (o, quanto meno, la loro possibilità di sussidiare le rotte). È presto per dire se la strategia funzionerà. La nuova lobby ha già raccolto 13 tra gruppi e compagnie che con 550 milioni di passeggeri e 100 miliardi di fatturato rappresentano oltre il 70% dei viaggi aerei europei. Il direttore generale Thomas Reynaert proviene da United Technologies, per conto della quale ha tenuto i rapporti con l’Ue per sette anni. Ma in questi mesi lo scenario è cambiato in fretta, con una Brexit che azzoppa tre dei soci fondatori (Iag, easyJet e Ryanair, irlandese per legge ma inglese come baricentro), ma anche quelle cui il mercato unico consente di usare la Gran Bretagna come trampolino (Norwegian, che collega per esempio Manchester ai parchi a tema di Orlando, in Florida). L’attacco esplicito ai diritti sindacali, poi, potrebbe alienare parecchie simpatie oggi che il vento populista soffia sempre più forte.

L’analisi del professor Gregory Alegi è stata pubblicata sul numero di dicembre di Airpress

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