Da Terra si parla di Marte, con Samantha Cristoforetti

Di Michela Della Maggesa

È molto impegnata Samantha Cristoforetti, che dopo 199 giorni trascorsi sulla Stazione Spaziale Internazionale, sta lavorando al centro europeo addestramento astronauti di Colonia per continuare a mettere a frutto tutta la sua esperienza. Sulla ISS l’astronauta dell’Esa e capitano pilota dell’Aeronautica Militare è rimasta quasi un mese in più del previsto dalla missione Futura, a causa dell’incidente al cargo russo Progress, che ha fatto slittare il rientro in Kazakistan, assieme ai compagni, l’astronauta americano Terry Virts e il cosmonauta russo Anton Shkaplerov. Durante la sua permanenza sull’avamposto spaziale, Cristoforetti ha partecipato a moltissimi degli esperimenti scientifici in programma, che hanno riguardato fisiologia, scienze della vita, oltre a diverse applicazioni tecnologiche, come la stampa 3D. L’astronauta italiana ha sperimentato, tra le altre cose, l’adattamento dell’organismo alla microgravità ed ha acquisito moltissimi dati, con un bilancio che, come ci racconta lei stessa, è “davvero soddisfacente”.
Com’è andata da un punto di vista prettamente scientifico la sua missione?
Gli esperimenti scientifici sono stati un successo. Abbiamo portato a termine praticamente tutte le attività che c’erano da fare a bordo della Stazione Spaziale e per quanto riguarda quelli italiani, di cui io ero l’operatrice, sono andati tutti a buon fine, a parte un paio, ma solo per una questione di equipaggiamento. La cosa importante è stata portare a termine questi esperimenti e mettere a disposizione i dati e  i campioni raccolti. In Italia so che sono molto soddisfatti del materiale raccolto. Sono state osservate cose interessanti, come nel caso del team di “Drain Brain” (uno degli esperimenti italiani, ndr), che è riuscito a misurare il ritorno venoso cerebrale verso il cuore in condizioni di assenza di peso. Attraverso questo esperimento sono stati validati elementi ben applicabili in alcuni contesti clinici.
Che cosa pensa delle tecnologie di accesso allo spazio presenti e future?
Il ritorno alla capsula previsto dai programmi in sviluppo è una dimostrazione a posteriori che lo Shuttle era un programma molto ambizioso, più avanti del suo tempo, costoso e non altrettanto sicuro e affidabile per il trasporto degli equipaggi nello spazio quanto si è dimostrata la Soyuz. Come astronauta guardo agli sviluppi futuri con grande aspettativa, anche perché, quando questi nuovi veicoli spaziali cominceranno a fare su e giù dalla Stazione Spaziale Internazionale, l’equipaggio passerà da sei a sette persone (tre russi e quattro non russi), quindi un’opportunità in più di volo per tutti gli astronauti.
Si parla molto dell’arrivo dei privati per il trasporto sulle orbite basse. Cosa cambierà di fatto?
I nuovi veicoli detti “commercial crew transportation”, come la capsula Dragon di SpaceX e la CST100 della Boeing, sono pensati per le orbite basse e quindi per il rifornimento della ISS. Questi mezzi saranno, una volta pronti a volare, sempre a disposizione dei clienti istituzionali come la Nasa, che ne supporta lo sviluppo anche da un punto di vista finanziario. E’ presto per pensare ad utilizzi diversi, i privati per questo aspetteranno che ci sia un mercato.
La Nasa ha detto che nel giro di 20 anni l’uomo potrà arrivare su Marte. Che pensa?
Un giorno, dopo alcuni step intermedi, arriveremo sicuramente su Marte, ma si tratterà di una missione completamente indipendente dal supporto a Terra. La differenza più grande con le missioni che facciamo adesso sta nel fatto che queste ultime sono prossime alla Terra (La ISS orbita attorno alla Terra a 400 km di distanza e per raggiungerla con la Soyuz servono meno di sei ore, ndr) e questo ci da la possibilità di avere rifornimenti, di comunicare con i centri di controllo quasi senza alcun ritardo. Inoltre, man mano che ci si allontanerà dalla Terra per andare verso Marte, il carburante non basterà per poter abortire a metà missione in caso di necessità e tornare a casa, per cui, una volta partiti bisognerà per forza arrivare!
Con queste enormi differenze come immagina un’ipotetica missione per un astronauta?
Oggi non riesco ad immaginare quello che questo comporterà. Posso solo ipotizzare che gli astronauti dovranno essere incredibilmente indipendenti, quindi maggiormente addestrati. Dovranno riuscire a riparare tutto e a rispondere ad ogni evenienza senza alcun ausilio. Forse si svilupperanno dei sistemi di intelligenza artificiale in grado di trovare ogni informazione. Adesso, quando qualcosa va storto, c’è la procedura e il supporto da Terra. Sarà tutto diverso e diverso dovrà essere anche il modo di fare ingegneria della macchine. Dovranno essere più semplici e con molta più comunalità. Bisognerà lavorare tantissimo: addestramento, procedure, ingegneria dei sistemi.
Lei ha avuto modo di interagire con i principali attori di questo settore. Come viene giudicata l’Italia?
L’Italia ha un’ottima reputazione nel volo abitato. Ci riconoscono importanti competenze. Il fatto che molti italiani abbiano volato in questi anni riflette un grande impegno da parte di tutti gli attori coinvolti, compresa l’industria nazionale. Abbiamo addirittura un modulo “Leonardo” completamente Made in Italy (design e progettualità italiana compongono oltre il 50% dei volumi abitabili del settore occidentale della Stazione, ndr), fatto e consegnato da noi.
Che cosa farà adesso?
Ovviamente spero di avere un’altra opportunità di volo! Nel frattempo mi occuperò, qua al centro addestramento astronauti di Colonia di un’unità, chiamata “projects development”, in cui si cerca di capire quale sia la maniera migliore per contribuire all’addestramento dei futuri equipaggi delle missioni oltre la Stazione Spaziale Internazionale. Per l’Europa il prossimo step dopo l’orbita bassa è la Luna. Su questo ci si confronterà a livello europeo alla prossima ministeriale.