“Anche quest’anno la Relazione annuale al Parlamento del nostro comparto intelligence, presentata ieri apalazzo Chigi, offre sul tema della sicurezza cibernetica uno spaccato tanto interessante, quanto davvero preoccupante. La relazione dei nostri servizi segreti, infatti, non soltanto fotografa in percentuale una minaccia in costante crescita praticamente in ogni settore nazionale considerato rilevante, quanto soprattutto pone giustamente in evidenza alcuni trend molto critici ben noti agli addetti ai lavori, ma completamente sconosciuti – purtroppo – a chi ha in mano davvero il potere politico ed economico in ambito pubblico e privato, ovvero i politici e i consiglieri di amministrazione. I veri assenti nel dibattito nazionale sulla sicurezza cibernetica”.
A dirlo a Cyber Affairs è Stefano Mele, avvocato specializzato in Diritto delle tecnologie, privacy, sicurezza delle informazioni e intelligence. “In quest’ottica, infatti”, prosegue l’esperto, “con grande timore i nostri politici dovrebbero guardare all’allarme lanciato dai nostri servizi segreti su quanto sia facile oggigiorno per molti governi – anche quelli ritenuti alleati – svolgere direttamente o appaltare a soggetti terzi attività di spionaggio informatico tese alla sottrazione di informazioni pregiate e di valore dai sistemi informatici della nostra pubblica amministrazione centrale e locale”. Così come, aggiunge Mele, “contestualmente, con grande preoccupazione i consiglieri di amministrazione dovrebbero leggere della tendenza alla progressiva saldatura tra interessi economici della cyber-criminalità con quelli dei comuni player di mercato, sempre più interessati, questi ultimi, a compromettere la competitività delle società loro concorrenti sottraendo informazioni industriali, commerciali o relative al know-how aziendale, oppure bloccando – ove possibile – le attività produttive attraverso attacchi informatici, o ancora danneggiando pubblicamente la loro reputazione online.
Tutto questo, peraltro, utilizzando sempre più quei soggetti interni alle aziende che appaiano particolarmente corruttibili, oppure acquistando banalmente su Internet e senza necessità di alcuna competenza informatica i servizi e le piattaforme da utilizzare per lanciare gli attacchi informatici desiderati”.“Occorre però”, conclude il legale, “che questo interessantissimo Rapporto 2016 della nostra Intelligence sia letto – davvero e con attenzione – da tutti i nostri politici e da tutti i nostri consiglieri di amministrazione. Dobbiamo smetterla, infatti, di pensare che nel 2017 la sicurezza cibernetica sia un qualcosa legato soltanto ai software, agli antivirus e ai tecnici informatici. Parlare oggigiorno di cyber security significa parlare di sicurezza nazionale e di crescita economica, di difesa del know-how e dei posti di lavoro delle nostre aziende, di tutela della credibilità e della competitività dell’Italia come sistema Paese”.